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mercoledì 29 gennaio 2014

Il lato oscuro del decreto Imu-Bankitalia

Già da molti anni si discute della proprietà di Bankitalia, che formalmente viene definita istituto di diritto pubblico, ma nella sostanza è posseduta, per circa il 95%, da soggetti privati. Tra questi, per esempio, abbiamo Intesa Sanpaolo con il 30% delle quote e Unicredito italiano con il 22%.

L'ambiguo assetto proprietario della Banca d'Italia (che sulla carta è considerata un soggetto pubblico) è sempre stato accettato in virtù del fatto che il capitale sociale rappresenta una cifra meramente simbolica, essendo bloccato a 156.000 €. Per chi sostiene la natura pubblica di Bankitalia infatti, più che le quote di capitale sociale, rileverebbe il meccanismo di distribuzione degli utili: i dividendi che possono essere distribuiti agli azionisti ammontano al massimo al 10% del capitale sociale (15.600 €),  al quale si può aggiungere lo 0,5% delle riserve accantonate in bilancio; ciò che avanza degli utili dalla distribuzione dei dividendi può essere destinato fino al 40% a riserve statutarie, legali o volontarie, e la restante parte va versata nelle casse dello Stato, che quindi in sostanza rappresenterebbe il principale azionista della Banca d'Italia. 

Il conflitto di interessi tra Stato e azionisti privati appare più evidente se si considera che è l'assemblea dei soci (quindi rappresentanti di banche ed assicurazioni private) ad eleggere il Consiglio Superiore, organo a cui spetta il compito di decidere l'ammontare da destinare annualmente alle varie riserve, e di conseguenza quanto versare nelle casse dello Stato. Anche a questo proposito comunque, sarebbe legittimo pensare che le somme accumulate nel corso degli anni nelle riserve di Bankitalia siano di proprietà pubblica, in quanto, come abbiamo visto, lo Stato rappresenterebbe il principale azionista della banca stessa.

Andiamo quindi a vedere come il tanto chiacchierato decreto Imu-Bankitalia andrebbe ad influire su questi equilibri: tale disposizione prevede che il capitale sociale della Banca d'Italia venga drasticamente rivalutato a 7,5 miliardi di euro, utilizzando a tale scopo le riserve statutarie accumulate negli anni (attualmente circa 23 miliardi di euro). 

Gli effetti più evidenti di questa manovra riguardano innanzitutto il meccanismo di distribuzione degli utili. Infatti se ora è possibile distribuire il 10% di 156.000 €, dopo l'approvazione del decreto potranno essere distribuiti dividendi fino al 6% di 7,5 miliardi di euro, ovvero 450 milioni di euro, che sarebbero quindi sottratti alle casse dello Stato. 

Secondo effetto della ricapitalizzazione, non meno rilevante, riguarda il fatto che gli istituti finanziari privati che detengono il capitale sociale di Bankitalia, in questo modo si approprierebbero di 7,5 miliardi di euro sottratti alle riserve statutarie della stessa, riserve che prima si dava per scontato appartenessero allo Stato.

A questo punto dobbiamo constatare che è in atto un'inversione di tendenza nell'attribuzione della proprietà delle riserve statutarie della Banca d'Italia. Se 7,5 miliardi dei complessivi 23 verranno attribuiti agli azionisti, ne consegue che la proprietà del fondo è implicitamente riconosciuta agli stessi. Allora non è difficile ipotizzare che anche i restanti 15,5 miliardi di euro potranno essere attribuiti alle stesse banche e assicurazioni private in futuro. E inoltre, che ne sarà degli oltre 100 miliardi di euro in riserve auree e valutarie? 

A tutto ciò si aggiunga che il decreto in questione mira anche a liberalizzare vendite e acquisti di quote di capitale di Bankitalia a investitori privati nazionali e internazionali, mentre ora queste operazioni devono essere autorizzate tramite legge. 

Gli obiettivi perseguiti con il decreto Imu-Bankitalia, sapientemente nascosti all'opinione pubblica, non fanno altro che palesare un'influenza sempre crescente di interessi privati sulla nostra Banca Centrale.

Anche se è generalmente diffusa l'opinione secondo la quale la Banca d'Italia debba essere indipendente dalla politica, tale indipendenza non deve tradursi in una palese dipendenza dal settore finanziario privato. Non dimentichiamoci che un istituto di diritto pubblico, così come definito dall'Unione Europea nella direttiva n.92/50, è un "qualsiasi organismo istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale". 

Non lasciamoci abbindolare da chi dice che questo decreto è stato pensato nel nostro interesse, in quanto ci esenterebbe dal pagare la seconda rata dell'Imu relativa al 2013. Se davvero ce ne fosse la volontà politica, lo stesso risultato si potrebbe benissimo ottenere, anche oggi stesso, tramite un apposito e specifico decreto. Se ciò non viene fatto, è solo per nascondere i veri interessi perseguiti dal decreto Imu-Bankitalia, strumentalizzando l'opinione pubblica contro chi prova ad opporsi a questo furto ai danni della collettività.

Cari concittadini, è ora di capire da che parte stare, prima che sia troppo tardi.

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