Studiando per l'esame di "Governo Aziendale" ci siamo imbattuti nella teoria di Edgar Schein, professore emerito presso il MIT School of Management. Secondo questo economista, al fine di stimolare e promuovere un radicale cambiamento culturale all'interno di un'organizzazione, occorre bilanciare i seguenti elementi:
- l'affermazione di meccanismi di discontinuità, ovvero shock interni o esterni all'organizzazione;
- la comparsa di un certo livello di ansia o di sensi di colpa legati al "non aprirsi" al cambiamento;
- la parallela introduzione di iniziative in grado di garantire un certo livello di sicurezza psicologica, così da consentire ai dipendenti di superare l'ansia venutasi a manifestare.
Analizzando questa teoria ci è sembrato più che mai chiaro come tutto ciò che sta accadendo negli ultimi anni, in realtà non è affatto casuale, ma bensì rispondente ad un disegno prestabilito.
In merito al primo punto enunciato da Schein, lo stesso Mario Monti ci ha spiegato che "non dobbiamo sorprenderci se anche l'Europa ha bisogno di crisi, di gravi crisi, per fare passi avanti". Tali passi avanti, prosegue il nostro ex Presidente del Consiglio, "sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario" (vi invitiamo a rileggere questo post per approfondire le dichiarazioni di Monti). Le crisi a cui si fa riferimento sono, ad esempio, quella finanziaria, esplosa negli Stati Uniti nel 2007, e quella economica e commerciale derivata dall'improvvisa e sfrenata globalizzazione avviatasi a fine anni '90.
In quanto al secondo punto presentato da Schein, è evidente come una certa propaganda di stampo ideologico ci abbia convinti da un lato ad accettare la globalizzazione come un evento improvviso ed ingestibile, e dall'altro del fatto che Paesi come il nostro siano incapaci di fronteggiarla autonomamente in quanto improduttivi, corrotti e spendaccioni.
Infine, il terzo punto di Schein riguarda le iniziative preposte a trasmettere fiducia nel cambiamento imposto. A tal proposito ricordiamo che negli ultimi anni abbiamo accettato, come uniche ancore di salvezza possibili, prima l'euro, poi le politiche di austerity che ne sono derivate, fino ad arrivare ai giorni nostri, con la ratifica del Fiscal Compact e l'adesione al MES (li abbiamo approfonditi qui), tutto in nome del "più Europa!". Inoltre, a completare l'opera di salvataggio, stanno arrivando le tanto attese "riforme strutturali", ovvero l'annichilimento dei diritti dei lavoratori in nome della competitività e della necessità di attrarre capitali esteri (come spiegavamo in questo post, e di cui una dimostrazione lampante è l'attuale caso electrolux).
Dobbiamo smetterla di credere che eventi come la crisi finanziaria mondiale dei sub-prime e la globalizzazione dilagante siano assimilabili a calamità naturali, che si abbattono sui popoli imprevedibilmente e senza una causa. Gli isituti finanziari che stavano gonfiando la bolla dei sub-prime sapevano benissimo che prima o poi questa era destinata ad esplodere, con tutte le ripercussioni che ne sarebbero derivate a livello mondiale. Anche la sfrenata globalizzazione a cui stiamo assistendo, per quanto ci possa apparire assurdo, è stata avviata a tavolino tramite la creazione, prima del GATT, e poi soprattutto dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel 1995.
Le parole del nostro ex Presidente del Consiglio (nonchè, tra le altre cose, ex consigliere internazionale di Goldman Sachs e membro del comitato direttivo del gruppo Bilderberg) Mario Monti, e tutto quello che abbiamo passato in rassegna all'interno di questo post, ci ricordano che per chi prende le decisioni, il restante 99,9% della popolazione mondiale è paragonabile a dei dipendenti d'azienda inconsapevoli, da indirizzare verso i propri fini grazie a tecniche persuasive come quella teorizzata da Schein.
A questo punto, la cosa fondamentale da capire è che nulla di ciò che è generato dall'uomo è irreversibile. Regolamentare la globalizzazione e riprenderci ogni sovranità sarebbe possibile già da domani mattina.
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