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domenica 2 marzo 2014

Salva-Roma o Svendi-Roma?

La vicenda romana degli ultimi giorni ci ricorda come, nell'attuale sistema economico e politico, anche una capitale di importanza storica e culturale unica al mondo come Roma possa fallire da un giorno all'altro, senza preavviso. Evidentemente la Grecia non è poi così lontana, e non solo geograficamente.

E' chiaro che se l'unico parametro preso a riferimento per valutare la gestione di un comune (o di un Paese) riguarda il pareggio di bilancio, essere dotati di uno sterminato patrimonio storico, artistico e culturale diventa un fardello troppo pesante da sopportare. Il personale necessario alla manutenzione e sorveglianza di queste opere e alla gestione della mobilità di milioni e milioni di turisti diventa troppo oneroso per un singolo comune, seppur grande come Roma. 

E poi anche le oltre 500 manifestazioni che ogni anno hanno luogo, come è ovvio che sia, nella capitale, comportano spese per il mantenimento dell'ordine pubblico non trascurabili. Quindi dovremmo smettere di protestare (così da far risparmiare risorse preziose al governo)? Oppure forse c'è qualcosa che non va in questo sistema (e quindi protestare ancora di più)?

Ovviamente, manco a dirlo, il governo è per la prima soluzione: il pareggio di bilancio prima di tutto! Con le nuove norme Salva-Roma si decide infatti di trasferire a Roma 570 milioni di euro, tra l'altro derivanti dai tributi versati dai cittadini romani stessi, per ripianare i debiti della capitale. Ma ovviamente dare a Roma soldi che le spettavano già di diritto non era l'obiettivo perseguito dal governo. Come ormai siamo abituati a dover constatare, anche questa non era che una scusa, un modo carino per dire a Roma che le cose dovevano cambiare. Infatti in cambio della "concessione" fatta, la squadra di Renzi ha dettato alcune condizioni tra cui la riduzione della spesa pubblica, la progressiva privatizzazione e liberalizzazione dei servizi, e anche la svendita del patrimonio pubblico. Tutte condizioni necessarie per la riduzione dell'indebitamento, verso l'equilibrio di bilancio. Insomma, le solite fissazioni dei neolibersti che, ahinoi, ci provano sempre.

In realtà il fantasma del debito pubblico e il dogma del pareggio di bilancio sono stati propagandati a partire dagli anni '70 dagli stessi neoliberisti, e non hanno alcun fondamento scientifico (ne abbiamo parlato in questo articolo). Non esiste, in economia, un limite oltre il quale il debito pubblico vada considerato eccessivo o dannoso. Anzi, la stessa dottrina economica dimostra come la spesa a deficit dello Stato abbia effetti positivi sull'economia e sul benessere di un popolo. Al contario invece, le cure che ci vengono proposte dai neoliberisti per far fronte al mostro del debito pubblico (da loro stessi creato) non hanno mai dato alcun beneficio ai cittadini su cui sono state imposte. L'unico risultato che questi hanno ottenuto infatti è quello di pagare tasse più alte (per la riduzione del debito), ricevere sempre meno servizi e di peggior qualità e, per i dipendenti pubblici, perdere il posto di lavoro o ricevere uno stipendio più basso. Evidentemente in questo sistema c'è qualcosa che non va.

Noi non possiamo accettare un sistema in cui i diritti sociali e civili di un popolo devono essere quotidianamente sacrificati, in cui il dovere di conservare un patrimonio storico e artistico unico al mondo come quello di Roma viene anch'esso in secondo piano, e il tutto per via del rispetto di infondati ed arbitrari parametri economici.

L'unico modo per uscire da questo ricatto finanziario è quello di far capire a chi continua a presentarci ricette mortali come fossero cure miracolose e salvifiche che non ci caschiamo più, che quello che vogliamo è riprenderci le nostre sovranità, da quella monetaria a quella politica, e che non accettiamo alcun tipo di compromesso.

E' il momento di cambiare, ma sul serio questa volta.


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