Oggi vi chiediamo qualche minuto del vostro tempo per un piccolo esercizio di immedesimazione.
Immaginate di tornare al giorno della vostra nascita, e immaginate che il luogo sia diverso. Non tra le candide lenzuola di un ospedale occidentale, ma in un'altra zona del mondo, non in quella piccola porzione in cui la ricchezza è data per scontato, in cui sappiamo di meritarci condizioni di vita dignitose, diritti sociali, felicità. Crescete, e nel corso della vostra nuova vita di lotta quotidiana contro la miseria, la denutrizione, la malattia, la guerra, gli abusi, la morte, conoscete le parole giustizia, libertà, orgoglio, felicità come se fossero utopie, chimere irraggiungibili, che non potrete mai avere. Dovete fare 10 chilometri ogni giorno per raggiungere un pozzo da cui attingere quel minimo d'acqua che serve a voi e ai vostri figli per rimanere in vita, li vedete crescere deboli e denutriti, senza speranza, proprio come voi, e senza la possibilità di un futuro diverso dal vostro, condannati ai destini più ingrati, ad essere bambini soldato o a cucire scarpe per i bambini ricchi, e, una volta cresciuti, a preoccuparsi unicamente per la propria sopravvivenza e per quella della propria famiglia, tra gli stenti, esattamente come voi, fino alla fine.
Ma sapete che in altre zone del mondo la vita non è così, avete visto cartelloni pubblicitari di bambini grassottelli e sorridenti, dai denti bianchi e gli occhi felici, di famiglie gioiose attorno a una tavola imbandita, e avete iniziato a sognare di poter avere anche voi, un giorno, una vita che sia pure lontanamente simile a quella.
Nel frattempo nel vostro Paese è iniziata un'altra guerra, la lotta per la vita è ancora più difficile, per poter proteggere i vostri bambini siete costretti ad abbandonare i vostri due stracci e a tentare un viaggio infernale attraverso il deserto, per poi affidarvi alla cieca a chi promette di farvi raggiungere l'occidente, di farvi attraversare quella striscia di mare che separa voi e la vostra famiglia dalla tanto agognata pace, dalla tanto agognata felicità.
Il barcone è sovraccarico, non avete più acqua, il viaggio sembra durare un'eternità, metà dei passeggeri muoiono, tra cui i vostri figli, con la gola secca come carta vetrata, il volto spellato dal sole, gli occhi spalancati su di voi, ultima immagine della loro breve vita.
Il dolore quasi vi uccide, ma riuscite finalmente a raggiungere la terra promessa, vi accolgono, vi danno un po' d'acqua e di cibo e vi spediscono in un "centro di identificazione e di espulsione", in cui di fatto dovrete stare rinchiusi finchè qualcuno non deciderà cosa fare di voi, se vi meritate di rimanere, o se, dopo tutte le fatiche e i sacrifici, sarete rimandati a casa. Ma passano i mesi e la vostra condizione è ancora quella di sospesi nel limbo, nessuno si cura di voi, nessuno vi dà delle risposte, avete qualcosa da mangiare, ma intorno a voi solo sbarre e porte chiuse, siete come cani rinchiusi in un canile. Perchè a nessuno importa nulla di voi?
Nel tentativo di dare voce alle vostre condizioni decidete così di fare un gesto disperato, nella speranza che servirà a smuovere la coscienza di qualche persona onesta. Vi cucite le labbra con ago e filo, in segno di protesta, rifiutate di mangiare e di bere, perchè non siete cani, è tutta la vita che vivete come animali che lottano per sopravvivere, ma avete diritto anche voi a un futuro, a un briciolo di felicità. Ogni essere umano ne ha diritto.
Allora abbiamo ancora il coraggio di dire che gli immigrati non devono permettersi di scappare dalle loro terre maledette dalla fame e dalla guerra perchè qui noi già abbiamo i nostri problemi e le nostre battaglie quotidiane da combattere? E poi siamo sicuri di poter dare a loro la colpa per le immani ingiustizie che devono sopportare nei loro Paesi?
D'altro canto è comprensibile come, con il progressivo impoverimento che sta colpendo anche noi italiani, sempre più persone diventino intolleranti nei confronti degli stranieri, che sono spesso visti come antagonisti che vengono a rubare posti di lavoro e case popolari e rendono meno sicure le nostre strade. Ma non è con odio e generalizzazioni che risolveremo i problemi. Tra l'altro, quanti di noi nelle loro condizioni sarebbero disposti ad accettare passivamente di vendere rose alle coppiette per la strada, sentendosi perennemente degradati e insultati? Quanti di noi camminerebbero senza protestare, sulla sabbia rovente, con un carico di collanine e braccialettini sulle spalle, per chilometri e chilometri di spiaggia? Quanti di noi trascorrerebbero i propri anni migliori in un Paese straniero e ostile, soli e lontani dalla famiglia, accettando qualsiasi genere di lavoro per poter mandare a casa qualche spicciolo?
Non stiamo cercando semplicemente di giustificare le ondate migratorie verso i cosiddetti Paesi ricchi, ma vogliamo spingervi a riflettere sulle cause. In un mondo giusto tutti dovrebbero avere di che vivere dignitosamente nelle rispettive nazioni, nessuno dovrebbe essere obbligato a fuggire dalla propria casa. Non è colpa dei popoli, dei deboli, degli oppressi, se nei loro Paesi di origine ci sono guerre e carestie, queste persone sono schiave dello stesso sistema malato che ci ha imprigionato nell'insoddisfazione e sta rendendo anche noi sempre più poveri e vulnerabili. L'errore più grande che possiamo fare è di incrementare divisioni e intolleranze, di scagliarci l'uno contro l'altro, di non metterci nei panni del nostro prossimo, perchè in questo modo facciamo solo gli interessi di coloro che traggono vantaggi dalla miseria e dalla sottomissione di intere e sempre più numerose popolazioni.
Ecco, solo questo. Ripartiamo dal rispetto per gli altri, tutti gli altri, e abbandoniamo l'idea terribile che esistano esseri umani di serie A e di serie B. Forse partendo dal rispetto reciproco riusciremo a lottare per una felicità che sia di tutta l'umanità, perchè uniti si vince, il nemico è lo stesso per tutti, il nemico è l'avarizia, il capitalismo sfrenato, l'opportunismo, l'inestinguibile sete di ricchezza a spese altrui. Possiamo e dobbiamo combattere questa visione distorta della vita e del mondo, ma non dobbiamo farlo solamente per noi, per salvare il nostro orticello a spese di tutti coloro che ne rimangono fuori, altrimenti non potrà mai cambiare nulla davvero, perchè è proprio questa la mentalità che ci sta distruggendo.
Dobbiamo combattere tutti insieme per i nostri diritti e per quelli altrui, per il bene del nostro mondo e dell'intera umanità.
Condivido ogni pensiero.........
RispondiEliminaTutto giusto. Noi tutti abbiamo avuto la fortuna di essere nati nel posto giusto al momento giusto. Provate a leggere " Non dirmi che hai paura" di Giuseppe Catozzella. La storia di Samia atleta somala che voleva andare a gareggiare alle olimpiadi di Londra del 2012.
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