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mercoledì 19 febbraio 2014

Quale cambiamento?

Qualche giorno fa c'è stato l'atteso confronto tra Renzi e Grillo, i due volti nuovi della politica italiana. Purtroppo l'informazione ufficiale si è concentrata quasi esclusivamente sui toni, sulle battutine, per dirlo in una parola sul "gossip", tralasciando di approfondire argomenti ben più importanti.

Vogliamo distaccarci da questa superficialità diffusa ed affrontare un tema, tra quelli avanzati da Grillo, che per noi è fondamentale. Su euro e Europa ormai dovreste conoscere la nostra posizione (ultimamente ne abbiamo parlato qui), quindi questa volta vogliamo parlare di reddito di cittadinanza.

Vedete, il problema del modello capitalistico è che non si accontenta mai. Si investono montagne di soldi per farne ancora di più, e il sistema va avanti così, trainato dall'incentivo del profitto, che deve essere sempre maggiore. I profitti ovviamente sono dati dalla differenza tra ricavi e costi, quindi per incrementarli o si cerca di aumentare i ricavi o si cerca di diminuire i costi. E con la concorrenza spietata e ormai globalizzata in cui siamo stati catapultati, è evidente come la strada prescelta dal capitalismo sia la seconda. Assistiamo sempre più spesso infatti alla delocalizzazione di imprese italiane in Paesi dove il costo del lavoro è più basso, mentre quelle che decidono di restare in Italia, per lo meno quelle che se lo possono permettere, ricorrono in misura sempre maggiore all'automatizzazione del lavoro (per esempio nei supermercati le casse diventano automatiche).

Ciò che però spesso viene dimenticato è che ricavi e costi sono collegati tra loro, quindi diminuire i costi ha degli effetti anche sui ricavi. Se le imprese italiane preferiscono trasferirsi all'estero o comunque ridurre il personale umano, poi i prodotti chi li acquista?

Noi oggi ci troviamo in questa situazione: da un lato c'è un apparato produttivo dotato di tecnologie modernissime e in grado di offrie una quantità pressochè illimitata di prodotti; dall'altro c'è una gran parte della popolazione che percepisce redditi da fame o che non lavora proprio, e quindi non può permettersi di acquistare quei prodotti.

Il problema è questo, ed è innegabile. Allora andiamo a vedere le soluzioni che ci vengono proposte: la prima è quella di Renzi, ovvero flessibilizzazione del mercato del lavoro e smantellamento dei diritti dei lavoratori (in pratica, quindi, rendere il costo della nostra manodopera concorrenziale rispetto a quella polacca, quella cinese, e così via); la seconda proposta è invece quella avanzata da Grillo, ovvero la concessione del reddito di cittadinanza.

A nostro avviso quest'ultima è l'unica soluzione auspicabile, perchè reddito di cittadinanza significa dire alle grandi imprese che non siamo più costretti a lavorare per mangiare. Al giorno d'oggi infatti esistono migliaia di lavori ripetitivi, alienanti e meccanici che possono essere svolti con massima efficienza ed efficacia dalle macchine. Macchine che ormai, tra l'altro, hanno raggiunto livelli tecnologici incredibili. Allora perchè non mettere questo enorme progresso tecnologico al servizio dell'umanità, piuttosto che usarlo come ricatto per costringere i lavoratori ad accettare condizioni contrattuali peggiori?

Il nostro sacrificio non è più necessario, anzi, è divenuto controproducente, per noi e per l'intera società. A inizio '900 si pensava che nel 2000 il progresso tecnico avrebbe permesso agli uomini di lavorare solo 3 ore al giorno, ed effettivamente oggi questo sarebbe possibile. Non ci sarebbe più bisogno di operai in catena di montaggio, di operatori nei call-center o di cassieri che sono pagati per ripetere lo stesso gesto per 8 ore consecuitive. Abbiamo per la prima volta nella storia la possibilità di concentrarci su quelle attività che valorizzano l'uomo, sulle nostre capacità ed abilità uniche ed inimitabili, quelle che si basano sull'istinto, l'ingegno, l'esperienza e la creatività. Doti che nessuna macchina sarà mai in grado di replicare, sono quelle che hanno permesso la nostra evoluzione, e il progresso dell'umanità non potrà che passare dall'abbandono di qualsiasi genere di lavoro ripetitivo ed alienante.che non ha altro effetto che annullare le potenzialità umane e trasformarci in robot.

Lo Stato deve finanziare il progresso tecnologico, diffonderlo, per poi farne beneficiare l'intera popolazione attraverso una giusta redistribuzione della ricchezza generata dalle innovazioni stesse. Il progresso deve tornare al servizio dell'umanità, e non del profitto individuale.

Ci troviamo davanti ad una scelta: dominare il cambiamento oppure esserne dominati. Ancora una volta si tratta di scegliere tra schiavitù e libertà, ma questa volta siamo fiduciosi che faremo la scelta giusta.

martedì 18 febbraio 2014

Barca, Alfano e incoeRenzi

Forse qualcuno non se n'è accorto, ma è successa una cosa che a nostro parere dovrebbe sconvolgere i pochi fervidi sostenitori di Renzi (nonchè del PD) rimasti. A radio 24 è stato organizzato un simpatico scherzetto ai danni di Fabrizio Barca, illustre e autorevole esponente del PD. Un imitatore di Nichi Vendola ha telefonato a Barca, il quale versava in uno stato di agitazione tale che si è lasciato immediatamente andare a confidenze importanti ed emblematiche sul futuro governo Renzi.

Nel corso della telefonata, Barca sostiene di non voler assolutamente far parte del governo Renzi in qualità di ministro, nonostante tutte le pressioni che sta ricevendo, in modo particolare dal "patron" di Repubblica, ovvero Carlo De Benedetti. Per la cronaca, De Benedetti è lo stesso che nel corso di Tangentopoli  ammise di aver pagato tangenti per 10 miliardi di lire ai partiti di governo. Ma allora proprio non ci sembra strano che questo personaggio sia, per usare un eufemismo, il tesserato numero uno del Partito Democratico? Che ne detti le linee, supervisioni e decida le mosse strategiche da attuare?? E se ancora non basta, pensate che appena ieri il PD ha regalato 22 milioni di euro a Sorgenia, un'azienda che costruisce centrali elettriche per conto di De Benedetti (trovate tutte le informazioni in questo articolo).

Ma oltre alle ovvie preoccupazioni riguardo all'esagerata importanza assunta dall'imprenditore De Benedetti dietro all'operazione politica in corso, Barca esprime anche ulteriori interessanti perplessità. Innanzitutto, questi non si spiega come possa formarsi e reggersi un governo senza alcuna idea nè progetto a supportarlo, fuori dai soliti slogan vuoti. E se lo sa lui dall'interno del PD, ci chiediamo cos'altro aspettino i sostenitori di Renzi a capire che il "bullo fiorentino" è davvero tutto fumo e niente arrosto. Solo che questa volta Renzi non è in televisione a farci sorridere con le sue battutine calcistiche. Tra pochi giorni sarà al governo del nostro Paese, perchè lui, come dice qualcuno, va come un treno, non si ferma davanti a niente e a nessuno, e del resto l'ambizione non gli manca. Però diciamo che la coerenza sì, quella un po' gli manca, dato che tutti ci ricordiamo di quando categoricamente asseriva che mai e poi mai sarebbe andato al governo senza passare dalle elezioni e dalla legittimazione popolare. Altro punto che lascia Barca molto perplesso, perchè secondo lui, ma anche secondo noi, il metodo è importante. Altrimenti qual è la differenza tra democrazia e dittatura? Non ci sono scuse, se per la terza volta consecutiva ci vediamo rifilare un Presidente del Consiglio non eletto, la differenza non può che essere il metodo.

Ma certo, vi stanno dicendo che non si può fare altrimenti, bisogna ancora trovare l'accordo sulla legge elettorale, non si può proprio pensare di andare a votare con la legge elettorale depurata dalla Consulta. Perchè poi? Ah già, certo, perchè con un proporzionale si formerebbe probabilmente un governo di larghe intese (leggete questo post dove abbiamo spiegato che ci  aspettano comunque 4 anni di governo di larghe intese non eletto). E poi, come ci ricorda il buon Renzi, la sua nuova proposta di legge elettorale (che dovrebbe chiamarsi Porcellum bis, come abbiamo spiegato in questo post) dovrebbe portare i partiti più importanti ad essere indipendenti dai cosiddetti "partitini", e quindi a non dover sottostare ai ricatti di questi ultimi. Ma allora, caro Renzi, noi ci chiediamo dov'è la differenza con quello che sta succedendo oggi, quando il tuo governo di larghe intese, ancor prima di nascere, è preda dei ricatti del Nuovo Centrodestra di Alfano. Ma sì, la differenza c'è eccome! Ricordiamo infatti, a chiunque se ne fosse dimenticato, che Alfano non è stato eletto da nessuno, si trova in Parlamento, e in particolare in un governo di larghe intese, solamente perchè ha deciso una scissione interna dal PDL di Berlusconi. Quanti voti potrebbe sperare di ottenere Alfano se domani si andasse alle elezioni? 

Ma del resto, a chi importa se chi detta le linee direttive al governo è stato eletto da noi cittadini oppure no? Lo stesso Renzi non è stato eletto da nessuno, rappresenta al massimo 2 milioni di elettori che lo hanno votato alle primarie (tra i quali probabilmente molti, alla luce dei recenti avvenimenti, nemmeno lo rivoterebbero). Quindi, tirando le somme, considerando che alle elezioni del 2013 gli aventi diritto al voto erano quasi 51 milioni, circa 49 milioni di elettori stanno per essere derubati della possibilità di avere un governo che li rappresenti, e anche quei famosi 2 milioni delle primarie devono sottostare ai ricatti di Alfano, che proprio non l'ha voluto nessuno, men che meno loro, poverini, che pensavano che il PD fosse un partito di sinistra.

lunedì 17 febbraio 2014

L'Italia ha sete!

Immaginate che venga da voi uno strano tipo, che si regge in piedi a fatica, e con il fiato che ricorda quello di un hooligan prima di Liverpool-Manchester United. Vi dice di essere un dottore e che vuole darvi una dritta che vi cambierà la vita. Voi ovviamente siete interessati, e così inizia a parlarvi dei risultati di una importantissima ricerca medica, finanziata profumatamente da alcune importanti società che si occupano di onoranze funebri. Tale ricerca è giunta ad una conclusione incredibile: bere è dannoso per la salute, in quanto costringe l'impotente bevitore ad andare al bagno ad urinare. E chi parla di conflitto di interessi è solo un complottista, l'importante per le società che si occupano di onoranze funebri non sono certo i profitti, ma il nostro benessere e soprattutto la nostra longevità. E poi, aggiunge lo strano dottore, "vi immaginate, non doversi più alzare dal divano nel bel mezzo di un film per andare al bagno? E' una figata!".

A questo punto voi che fareste? Gli dareste retta e smettereste di bere, andando incontro a morte certa? Oppure prima vi informereste meglio e magari scegliereste il male minore? (Lo sappiamo, la pigrizia è una brutta bestia, ma morire di sete è peggio).

Siamo fiduciosi che la maggioranza di chi sta leggendo opterebbe per trasgredire alle raccomandazioni dello strambo dottore, ma dove vogliamo arrivare con questo esempio banale? Ve lo spieghiamo subito.

Vedete, il fatto è che noi tutti abbiamo già smesso di bere circa 15 anni fa. Vi ricordate quel dottore a forma di mortadella che ci fece entrare nell'euro? Ecco, lui ed il suo team ci hanno convinti che lo Stato, unico ente appositamente preposto a tutela dei nostri diritti e quindi della nostra vita, doveva essere svuotato di ogni sovranità, da quella monetaria a quella economica, passando per quella politica. D'altronde studi portati avanti dai massimi organismi e istituti finanziari internazionali erano d'accordo in questo senso, e dire che queste grandi banche possano essere in conflitto di interessi sarebbe da complottisti! Certo, potrebbe sembrare che le politiche economiche che propugnano siano a solo vantaggio e tutela di chi detiene i vari debiti pubblici nazionali, dato che le politiche di austerity servono a ripagare il debito pubblico e i relativi interessi, e l'euro serve ad impedire le svalutazioni del cambio (e quindi del debito pubblico stesso). Certo, potrebbe far riflettere anche il fatto che questi enti finanziari sono gli stessi che detengono gran parte del nostro debito pubblico e che ne riscuotono fior fior di miliardi di interessi annuali, ma non c'è nulla di cui preoccuparsi! Dobbiamo fidarci, per le banche noi cittadini veniamo al primo posto, e solo dopo vengono crediti e interessi! E poi, volete mettere andare a Parigi e non dovervi ripassare le tabelline prima di comprare un caffè? "Figata!" continua a dire qualcuno.

Ricapitolando: ci è stato detto e ripetuto fino allo sfinimento che lo Stato, unico ente a tutela delle nostre vite, è brutto, cattivo e spendaccione, e in quanto tale assolutamente da abolire, per poi finalmente poterci abbandonare alle più dolci e premurose mani della finanza internazionale.

Allora adesso cosa vogliamo fare? Continuare a credere a quei criminali che ci propongono austerità, tagli alla spesa, smantellamento dei diritti sociali e privatizzazioni selvagge con la scusa che lo Stato è cattivo? Ricordiamoci che lo Stato siamo noi, e abolire lo Stato vuol dire annullare le nostre esistenze. 

E' ora che noi italiani ritorniamo ad avere sete, anche perchè, diciamocelo, urinare dà anche una bella sensazione.
  

venerdì 14 febbraio 2014

Le radici della nostra schiavitù

Vi siete mai chiesti come mai, nonostante una crescita quasi nulla e una disoccupazione ormai dilagante, in Italia e in Europa si continui a parlare solo di debito pubblico e pareggio di bilancio?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare indietro nel tempo fino agli anni '70. In quegli anni un gruppo di economisti diede vita alla cosiddetta "Scuola di Chicago" che, per mezzo del suo massimo esponente e promotore Milton Friedman, iniziò ad opporsi alle teorie keynesiane.

Keynes aveva avuto una "strana" idea, cioè che l'intervento pubblico statale nell'economia, ad esempio tramite un incremento della spesa pubblica, fosse giustificato in periodi di scarsa domanda e quindi di disoccupazione. Fu sulla scorta di tale concezione che in seguito alla grande crisi del '29, con il famoso "New deal" di Franklin Delano Roosevelt, si gettarono le basi del "welfare state": un sistema in cui lo Stato assicurava alla popolazione dei diritti fondamentali come l'assistenza e la vita dignitosa in caso di disoccupazione e vecchiaia. Sempre con il "New Deal" inoltre mutò anche il ruolo dello Stato nell'economia: il potere pubblico non era più un semplice spettatore ma, viceversa, aveva acquisito un ruolo di regolazione del sistema economico al fine di scongiurare la nascita di forti tensioni sociali, tanto che anche i sindacati ottennero protezione dallo Stato.

Ovviamente tali politiche, che oggi sarebbero denominate populiste, vennero accolte benissimo dall'opinione pubblica (Roosevelt fu confermato Presidente per 4 mandati consecutivi) e si diffusero, a partire dal secondo dopoguerra, in tutto l'occidente. 

Ma nonostante la crescita record di tutte le economie basate sulle teorie keynesiane registrata tra gli anni '50 e '70, la "Scuola di Chicago", come anticipato, iniziò a riproporre un nuovo liberismo puro, giornalisticamente denominato "neoliberismo".

Alla base delle teorie di Friedman e colleghi vi era una presupposta maggiore efficienza del settore privato rispetto a quello pubblico, e quindi l'idea che ogni intervento da parte dello Stato nell'economia andasse eliminato. Pilastro basilare della dottrina neoliberista era proprio l'assunto che il mercato, lasciato libero da qualsiasi condizionamento pubblico, fosse automaticamente in grado di regolarsi e di raggiungere l'equilibrio più profiquo per la collettività. I punti fondamentali di tale dottrina prevedevano quindi la deregolamentazione dei mercati, ampie manovre di privatizzazione di settori dell'economia come sanità, comunicazione, educazione, previdenza sociale e tutela dell'ambiente, e ovviamente la riduzione delle spese sociali.

Tuttavia, questa “visione” secondo la quale gli individui, agendo secondo i propri egoistici interessi, creano benefici massimi per tutti, rende la dottrina economica neoliberista più una ideologia che un modello scientifico con qualche evidenza storica. Infatti non sarebbe altrimenti comprensibile il fondamentalismo estremo con cui è stata portata avanti da poche centinaia di economisti e tecnocrati, di grande e crescente influenza.

Ma se con le politiche di stampo keynesiano l'economia e il benessere stavano raggiungendo tassi di crescita e di diffusione mai sperimentati prima, come hanno fatto i fautori della nuova dottrina neoliberista a convincere il mondo della bontà delle loro ricette?

A tal proposito riportiamo l'esempio del Cile, primo Paese al mondo dove le teorie proposte dalla Scuola di Chicago furono messe in pratica. Negli anni '50 e '60 il Governo cileno investiva nella salute, nell'istruzione e nell'industria, e ciò preoccupava le grandi imprese statunitensi  presenti nel territorio. Intanto un programma di interscambio tra l'Università di Chicago e l'Università Cattolica del Cile determinò la nascita dei "Chicago Boys", economisti cileni che avevano ottenuto il dottorato alla corte di Friedman. Ma in questo clima la svolta determinante si ebbe nel 1970, quando il Governo di Salvador Allende vinse le elezioni promettendo la nazionalizzazione di grandi settori dell'economia.  A quel punto le grandi multinazionali americane iniziarono a temere di perdere definitivamente i propri investimenti, e si generò grande tensione tra il Presidente cileno Allende e quello americano Nixon, finchè non iniziarono i preparativi per il colpo di stato che vide salire al potere il generale Pinochet. Dopo 41 anni di democrazia il Cile divenne così una dittatura militare. Migliaia di dissidenti furono catturati e torturati, mentre Allende morì durante il Golpe. Proprio in questo stato di schock che colpì l'intera popolazione, Pinochet mise in atto per la prima volta le dottrine neoliberiste, assumendo nel Ministero dell'economia i "Chicago boys". Immediatamente fu abolito ogni tipo di controllo sui prezzi, molte imprese statali vennero vendute, furono abolite le barriere alle importazioni e la spesa pubblica subì grandi tagli. Le conseguenze economiche di queste misure furono disastrose per la popolazione e provocarono enormi squilibri sociali. Per continuare ad imporre misure di questo tipo si rendeva quindi necessario instillare un senso di urgenza nei cittadini, era necessario creare un nemico: il marxismo.

Con le stesse dinamiche e metodi con cui i principi neoliberisti vennero imposti in Cile, la nuova dottrina venne introdotta negli annni successivi anche in Brasile ed Argentina. Solo dopo questi primi esperimenti, in Europa e negli Stati Uniti iniziò negli anni '80 un processo di privatizzazioni e deregolamentazione dei mercati ad opera di Ronald Reagan e Margaret Tathcer, le cui azioni congiunte in contrapposizione allo spettro del comunismo russo servirono a convincere l'opinione pubblica della necessità di un cambio di approccio all'economia.

Milton Friedman aveva perfettamente compreso l'utilità delle crisi, economiche o militari che fossero. Da allora le ideologie neoliberiste sono parte integrante della nostra cultura, ed ogni nuova crisi contribuisce a fomentarle e consolidarle. Se qualcosa va storto (l'inflazione sale, la crescita diminuisce, ecc...) ci convincono che l’unica spiegazione è che il mercato non è abbastanza libero.


Ma se ci riflettiamo meglio possiamo comprendere come sia stata la stessa ideologia liberista, con le sue privatizzazioni e la sua deregolamentazione dei mercati, a provocare l'attuale crisi finanziaria globale. Quindi è stato lo stesso liberismo sfrenato, causando la crisi, a costringere gli stati ad intervenire nell'economia, salvando quelle stesse banche private che altrimenti sarebbero fallite. 

E questo, oltre ad essere profondamente ingiusto e intollerabile, non è di per sè un evidente fallimento del mercato libero? 

La dottrina, o meglio l'ideologia neoliberista, è stata progettata e propagandata fin dall'inizio per permettere a pochi di sfruttare molti. Lì dove tutto iniziò, in Sud America, lo hanno capito e stanno già ripartendo da dove erano stati forzatamente interrotti, da Keynes e dal socialismo. Mentre da noi il "nuovo che avanza" promette lo smantellamento dei diritti sociali e grandi privatizzazioni, presidenti come Josè Mujica, Rafael Correa e Hugo Chavez hanno iniziato un'enorme opera di nazionalizzazione, di lotta alle multinazionali e allo sfruttamento, e di aumento della spesa pubblica a fini sociali, anche attraverso il ripudio del debito. 

La primavera sudamericana è iniziata, noi staremo a guardare?

giovedì 13 febbraio 2014

Il "nuovo" che avanza... Ma chi gliel'ha chiesto?

La vecchia politica ci ha portati sull'orlo del baratro, essendo asservita a banche e lobby di vario genere, e il fantomatico nuovo che avanza(va), non ha fatto altro che confermare, se davvero ancora ce ne fosse stato bisogno, la sua totale adesione a quelle logiche di partito che è riuscito a criticare solo a parole, come al suo solito.

Possiamo toccare con mano l'inconsistenza di quel cambiamento tanto annunciato, l'inconsistenza del programma politico di Renzi, nonché l'incoerenza del personaggio. Questa infatti ha raggiunto il suo culmine proprio oggi, quando il "bullo fiorentino" ha bellamente ribaltato tutto ciò che aveva detto finora, ovvero che sarebbe assolutamente passato dalle elezioni e dall'investitura popolare, e che le larghe intese sono da evitare. 

Del resto, la legge elettorale che ha presentato (tra l'altro incostituzionale almeno quanto il Porcellum, come abbiamo dimostrato qui), in teoria si propone proprio il compito di evitare in futuro l'esigenza di ricorrere alle larghe intese. Ma allora perchè noi dovremmo accettare un governo dittatoriale, un governo di larghe intese guidato dal PD di un Renzi che ha intenzione di rappresentarci per 4 anni, "forte" di 2 milioni di consensi alle primarie?? Tra l'altro, saremmo proprio curiosi di sapere quanti di quei 2 milioni ad oggi lo rivoterebbero.

Proprio ci sfugge il motivo per cui non si può andare a votare. Tanto, se il problema è che dal risultato del voto conseguirebbe per forza un governo di larghe intese, perchè con il Mattarellum di matrice proporzionale forse non si avrebbe la tanto agognata governabilità, bè, allora in ogni caso non vediamo la differenza rispetto a quello che ci si prospetta dopo la giornata di oggi, ovvero un governo di larghe intese per i prossimi 4 anni. 

Non vi è alcun senso logico, o forse il senso è che se si andasse a votare oggi magari la situazione non sarebbe così rosea per il PD di Renzi, e quindi per gli ambigui interessi di cui si fa portavoce (ne abbiamo parlato in questo post). Ma sicuramente, a meno di non trovarci davvero in una dittatura, questo non può certo essere un buon motivo per non andare alle elezioni. Chi l'ha deciso che bisogna fare tutte le manovre possibili, a tutti i costi, per fare in modo di garantire proprio al PD di governare? Per l'ennesima volta, questo partito dimostra la propria paura ancestrale nei confronti degli avversari politici e un'assoluta mancanza di rispetto verso tutti quei cittadini che non votano PD, i quali alle ultime elezioni rappresentavano il 75% degli elettori. 

Non c'è due senza tre, quindi dopo Monti e Letta ecco che arriva il governo Renzi, il terzo consecutivo privo di una qualsiasi legittimità democratica. 

Questa situazione è inaccettabile in una Repubblica dove per Costituzione "la sovranità appartiene al popolo". E' ora di smettere di pensare che tutto questo sia normale, facciamo sentire il nostro dissenso!!

venerdì 7 febbraio 2014

Nickname o persone?

Anche noi, come praticamente tutta Italia, oggi abbiamo visto il video della quindicenne che picchiava una coetanea per questioni amorose. Il gesto è sicuramente deprecabile, ma vorremmo condividere con voi alcune considerazioni che ci sono venute in mente quando abbiamo visto il video e soprattutto quando abbiamo letto i commenti.

Ovviamente non sosteniamo che degli atteggiamenti violenti vadano lasciati impuniti, ma crediamo che di queste cose se ne dovrebbe occupare chi di dovere e nel rispetto della privacy. Soprattutto se si parla di una minorenne! Invece tutti i maggiori canali di informazione a livello nazionale hanno messo online questo video, strumentalizzando l'accaduto a fini pubblicitari. Ma non si rendono conto che così rovinano la vita ad una ragazzina? Forse si, ma evidentemente non è abbastanza importante.

Come pensate che possa reagire una quindicenne a tutti quei commenti carichi di odio a lei indirizzati? Nella migliore delle ipotesi: odio genera odio. Queste persone, specie se così giovani, vanno solamente aiutate, e non vediamo come l'odio generalizzato di milioni di persone possa aiutare quella ragazza. Anzi, per quanto ci riguarda equivale ad un ergastolo, se non peggio. Ma del resto basta dare un'occhiata a come gestiamo le carceri in Italia per capire quanto la nostra cultura di rieducazione del condannato sia vicina allo zero.

Al di là di dell'ipocrisia dei media, che rovinano la vita di una bambina per fini meramente economici, concentriamoci sul nostro modo di agire. Capita sempre più di frequente di leggere sul web commenti offensivi, superficiali e totalmente irrispettosi e gratuiti. A chi non è mai capitato di subirne o di infliggerne uno? 

Riflettiamo prima di insultare o mortificare il nostro interlocutore, ricordiamoci che dall'altra parte dello schermo ci sono delle persone (in questo caso addirittura una bambina) e dei sentimenti umani reali. Sono ormai tristemente noti i numerosi casi di suicidi causati dal cyberbullismo, che riguardano perlopiù proprio minorenni fragili ed indifesi. Ed il giorno dopo? La colpa non è mai di nessuno.

Il pericolo di internet è che ci fa dimenticare il lato umano e la fragilità delle persone, dobbiamo stare attenti. La rete, se usata bene, è un incredibile mezzo di informazione e di comunicazione, ma se usata male può diventare un'arma micidiale.

martedì 4 febbraio 2014

Impariamo dal passato per migliorare il futuro

La nostra visione del mondo è riassunta benissimo da queste parole di Giovanni Falcone: "Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini."

Dall'invenzione delle prime forme di linguaggio verbale a quella della scrittura, l'uomo ha sempre potuto apprendere dal proprio passato per poi spingersi oltre, verso traguardi ancora più ambiziosi. E' così che egli ha progressivamente affinato la consapevolezza di sè e del mondo in cui vive, costruendo una società sempre più avanzata, fondata su principi etici e morali in continua evoluzione.

Tuttavia, il progresso dell'umanità nel mondo occidentale ha conosciuto due grandi momenti di crisi e involuzione, in cui l'uomo ha dimenticato la propria storia e gli insegnamenti dei suoi avi, e si è allontanato da se stesso.

La prima di queste due epoche è denominata emblematicamente "Età buia". Ci riferiamo al Medioevo, il lungo periodo iniziato con  la caduta dell'Impero romano d'Occidente, in cui gran parte dell'Europa ha perso contatto con le conoscenze già acquisite in passato. Il progresso culturale e sociale inoltre è stato impedito dalla visione teocentrica dell'epoca, che ha annullato l'individualità umana e le sue infinite potenzialità. La repressione ideologica e culturale ha poi raggiunto il suo apice con l'inquisizione, quando chiunque sosteneva teorie innovative contrarie all'ortodossia cattolica veniva annientato.

Da questa fase di regressione si è potuto uscire solo riabbracciando gli antichi valori e principi delle culture classiche: quella ellenica e quella romana. Il progresso è quindi ripreso da dove si era interrotto, grazie all'Umanesimo e subito dopo al Rinascimento, i quali hanno finalmente restituito all'uomo la propria dignità e il ruolo di protagonista e artefice del proprio destino. Come recita la prima affermazione umanistica occidentale, riferita a Protagora: "Di tutte le cose misura è l'uomo, di quelle che sono, per ciò che sono, di quelle che non sono per ciò che non sono".

La seconda brusca interruzione al progresso dell'umanità si è avuta quando l'uomo è tornato a guardare all'infuori di sè, questa volta idolatrando il "dio denaro". Ovviamente parliamo della società attuale, dove il progresso culturale, sociale e scientifico è asservito a logiche di mera convenienza economica. La storia e gli insegnamenti dei grandi che ci hanno preceduto sono ormai considerati obsoleti, quasi inutili in un mondo dove ogni cosa è mercificabile e il suo valore è stabilito dal mercato. Ci siamo persi nel consumismo sfrenato, nell'avidità e nell'opportunismo, al punto da convincerci che non abbiamo nulla di meglio da dare al mondo, e nulla di meglio da ricevere. Stiamo dimenticando progressivamente la nostra vera natura e le nostre infinite potenzialità.

Tutti noi siamo chiamati ad un secondo Rinascimento. Torniamo a ricordare gli insegnamenti di coloro che avevano iniziato quel percorso che ora sta a noi proseguire; solo così potremo riscoprire i valori di verità, giustizia ed uguaglianza che abbiamo ormai dimenticato. Questi ideali fanno parte di noi e ci contraddistinguono come esseri umani, alimentano la nostra forza interiore e ci guidano da millenni lungo il percorso della storia.

Possiamo, anzi dobbiamo, ripartire già da oggi. E' il nostro contributo al progresso dell'umanità.