
Negli ultimi giorni avrete sicuramente letto o sentito che secondo gli
ultimi dati Istat l'Italia è tornata in
deflazione, per la prima volta dal 1959. Questo significa che, rispetto allo stesso mese del 2013, i prezzi al consumo sono diminuiti, per la precisione dello
0,1%.
Ma se i prezzi scendono, qual è il problema? In fondo si potrebbe pensare che sia un vantaggio, che noi consumatori ne abbiamo solo da guadagnare. Dopo tutto spenderemmo di meno per acquistare gli stessi prodotti. Purtroppo però non è esattamente così che stanno le cose, perchè la deflazione porta con sè numerosi effetti collaterali, primo tra tutti quello di bloccare la crescita. Con i prezzi in continuo calo infatti consumatori e imprese tendono ad aumentare i propri risparmi e a rimandare le spese, dato che il potere d'acquisto della moneta cresce nel tempo. E considerando che stiamo attraversando, proprio in questi anni, una fase recessiva senza precedenti, il rischio di finire in un circolo vizioso è estremamente alto. Se la domanda, e quindi i consumi e gli investimenti, dovessero diminuire a ritmi ancora più elevati di quelli attuali, sempre più aziende sarebbero costrette a chiudere, e questo anche perchè i prezzi in continuo calo inciderebbero negativamente sui loro margini di profitto. Di conseguenza la disoccupazione continuerebbe ad aumentare, riducendo ulteriormente la domanda, e così via fino all'annichilimento economico del Paese.

Ma l'Italia è davvero in una situazione tanto grave? Siamo davvero precipitati in una spirale deflazionistica? A risponderci è
Giorgio Alleva, niente meno che il Presidente dell'Istat, in
questa intervista al Sole 24 Ore. Secondo Alleva "
non esistono gli elementi per parlare di ingresso in un regime
deflazionistico dell'Italia. Solo l'eventuale persistenza di un fenomeno
del genere potrebbe consentirci di discutere dei rischi collegati a un
regime di deflazione." Infatti "al netto dei prodotti energetici la variazione dei prezzi in agosto è
positiva: l'inflazione è dello 0,4%, in aumento rispetto al più 0,3% del
mese precedente. Dunque, l'elemento nuovo della dinamica in discesa dei prezzi al consumo
è interamente spiegato dalla riduzione dei prezzi energetici."
Quindi sì, il rischio di finire in deflazione effettivamente esiste, ma no, questo ancora non è successo. Allora cosa si può fare per scongiurare una tale minaccia? Considerando che il fenomeno deflattivo nasce da una
carenza di domanda (l'economia ci insegna che il livello dei prezzi cresce all'aumentare della domanda e decresce al diminuire della domanda), si dovrebbe fare di tutto per rilanciare la stessa. Preso atto di questo, possiamo innanzi tutto dire cosa non dobbiamo fare, ovvero precarizzare il mercato del lavoro e inseguire la famosa competitività tedesca. Ciò infatti si tradurrebbe inevitabilmente, a parità di disoccupazione (è ormai dimostrato dalla letteratura scientifica sul tema che la precarizzazione non crea occupazione), in una generale riduzione dei salari e quindi in una ulteriore riduzione della domanda. La soluzione dovrebbe tendere esattamente nel verso opposto, ovvero verso una
redistribuzione sociale. I salari infatti hanno una propensione al consumo estremamente superiore rispetto ai profitti, quindi una manovra in grado di metterci al riparo dal rischio di deflazione potrebbe ad esempio essere
questa. Poi, ovviamente, anche una politica europea decisamente più permissiva dal lato della
spesa pubblica sarebbe più che auspicabile.
Comunque la scelta su quale misura possa essere maggiormente efficace in questo senso è secondaria, così come è secondario se compierla a livello europeo o a livello nazionale uscendo dall'euro. L'unica cosa che conta davvero è agire immediatamente.