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venerdì 30 maggio 2014

Bankitalia svela la verità sulle manovre economiche di Renzi

Oggi, in occasione dell'Assemblea ordinaria dei Partecipanti al capitale, la Banca d'Italia ha emesso la consueta Relazione Annuale di fine maggio. In tale documento è contenuta un'ampia analisi dei principali sviluppi dell'economia italiana e internazionale nell'anno precedente e nei primi mesi di quello in corso, oltre ad altri dati circa la gestione e il bilancio della stessa Banca d'Italia (a questo link trovate l'intero report).

Il primo dato che emerge è che mentre nel 2013 tutte le principali economie mondiali, da quella statunitense a quella giapponese, hanno registrato una sensibile crescita del PIL, l'economia nell'area euro si è addirittura contratta dello 0,4%. La spiegazione è subito servita: se negli USA e in Giappone la domanda interna, negli ultimi 3 anni, è stata costantemente in rialzo grazie a politiche monetarie espansive, nell'area euro l'austerity ha letteralmente devastato i consumi interni (-1,1% nel 2013). Fin qui, comunque, niente di nuovo. Abbiamo ripetuto già fino allo sfinimento in questo blog che l'austerità, che ricordiamo a tutti consiste in tagli alla spesa pubblica e aumento della pressione fiscale, non fa altro che prelevare risorse dai cittadini per trasferirle al settore finanziario. Se strangoli i cittadini, ovviamente, i consumi scendono, le aziende chiudono, la disoccupazione aumenta, ecc... E il tutto mentre banchieri e tecnocrati ci rassicurano che ormai la crisi è al capolinea. Certo, come no. 

Però in tutto questo c'è un "lato positivo", come sottolinea la stessa Banca d'Italia. Se fai fatica ad arrivare alla terza settimana del mese, o meglio ancora se non hai neppure un reddito, non ti puoi più permettere di comprare un I-Phone all'anno, nè di cambiare PC o di andare in vacanza in luoghi esotici. In altre parole, crollano le importazioni. Questo da un lato fa sì che la bilancia dei pagamenti (differenza tra esportazioni e importazioni) dei Paesi dell'area euro resti positiva, ma dall'altro lato mette in ridicolo chiunque affermi che uscire dall'euro sarebbe una catastrofe perchè poi importare ci costerebbe molto di più. E' ora che qualcuno spieghi a questi economisti da talk show che le tragedie di cui ci minacciano, come rivela anche la stessa Banca d'Italia, si stanno già consumando sotto i nostri occhi. Anzi, non solo l'euro e l'austerità, rendendoci sempre più poveri, fanno crollare le importazioni, ma c'è anche un ulteriore fattore aggravante: il crollo dei consumi, con l'euro, come abbiamo visto sopra, riguarda anche i prodotti nazionali. 

Qualche riga, nel report, è poi dedicata anche a 2 trattati europei di nostra conoscenza: il TTIP e il Fiscal Compact. Si fa fatica a stabilire quale sia il più inquietante tra i due, comunque se non sapete di cosa si tratta potete farvene un'idea leggendo questo post in cui parlavamo del TTIP e questo in cui parlavamo del Fiscal Compact.

Ma ecco che finalmente veniamo ai dati sull'economia italiana per il 2013. Qui abbiamo ancor meno ragioni di star sereni, sembra di leggere un bollettino di guerra: la spesa delle famiglie si è contratta del 2,6%, il reddito reale disponibile delle famiglie è sceso dell'1,1%, gli investimenti si sono contratti del 4,7%, le esportazioni sono ristagnanti (+0,1%), le importazioni si sono ridotte del 2,8%, la produzione industriale è scesa del 3,2%, il numero di occupati si è ridotto del 2,1% e, dulcis in fundo, il PIL è calato dell'1,9%. Per farsi un'idea della gravità di questi dati basti pensare che sono state circa 111.000 le chiusure aziendali nel 2013 e ben 370.000 i nuovi disoccupati. E tutto questo mentre il rapporto Debito pubblico/PIL passava dal 127 al 132,6%. 

Vi abbiamo spaventati? Dai, tranquilli, questo è il passato! Ora è arrivato lui, Matteo il matador, a tirarci fuori dal baratro in cui siamo precipitati. Basta austerity, basta vincoli, ora restituiremo i soldi agli italiani! Lo ha detto lui, no? Ma certo, altrimenti perchè oltre 11 milioni di nostri concittadini lo avrebbero votato appena qualche giorno fa? Sì, deve essere così. Deve per forza essere così. Ma allora perchè la Banca d'Italia nel suo report ci dice che nel DEF di aprile il governo Renzi si è impegnato a ridurre l'indebitamento netto dal 3% del 2013 al 2,6% per il 2014, appesantendo ulteriormente l'austerità lettiana? E non è finita qui! Il governo Renzi ha messo nero su bianco anche l'obiettivo di ridurre ulteriormente l'indebitamento all'1,8% nel 2015 e di giungere addirittura al pareggio di bilancio nel 2016!

E gli 80 euro? Quelli almeno ce li darà veramente, no? No! Altro che bonus strutturale, dal decreto risulta che il bonus è concesso unicamente per il 2014. Inoltre le coperture sono per il 70% di carattere temporaneo, questo vuol dire che bisognerebbe trovarne di nuove per rifinanziare la manovra anche per il 2015. Ma se già dobbiamo ridurre la spesa fino al pareggio di bilancio dove li troviamo questi soldi? E poi c'è anche il Fiscal Compact, Renzi lo vuole rispettare, come facciamo? Bene, a questo punto è chiaro che ci siamo fatti fregare un'altra volta. Altro che restituire i soldi agli italiani, entro il 2018 saremo tutti in fila alla Caritas.

giovedì 29 maggio 2014

I mercati non si accontentano di 80 euro: ecco cosa pretendono

A pochi giorni dalla vittoria schiacciante alle europee, Renzi deve fare i conti con i mercati. Perchè se in patria il 40,81% dei votanti gli ha conferito una delega piena e indiscussa, una fiducia senza se e senza ma, l'agenzia di rating Fitch ritiene rassicurante e soddisfacente il successo elettorale del premier, ma si dimostra ben più esigente degli 11 milioni di elettori PD. La Fitch infatti, come riportato in questo articolo, ora pretende le riforme per poter considerare stabile e migliorata la situazione del nostro Paese. 

Innanzitutto ci chiediamo: è davvero un buon segno se i mercati sono rassicurati dal consolidamento del governo Renzi? Ci ricordiamo tutti come nel 2011 Mario Monti ci sia stato imposto proprio dai mercati, dopo che gli stessi avevano di fatto provocato il fallimento del nostro Paese, oltre che del governo Berlusconi. Una volta insediato, il bravo curatore fallimentare Monti ha ripagato coi nostri soldi, a suon di tagli e nuove tasse, una parte dei crediti delle banche tedesche e francesi, con le sue celebri manovre "lacrime e sangue". Per chi se ne fosse dimenticato, tra i vari provvedimenti all'insegna del rigore e dell'austerity attuati dal governo Monti, abbiamo avuto un aumento generalizzato dell'età pensionabile (accompagnato tra l'altro dal gravissimo problema degli esodati), un sostanzioso aumento delle tasse (in primis l'aumento dell'IVA di due punti percentuali), l'entrata in vigore dell'IMU, tagli ai posti letto negli ospedali, ecc...


Già questa breve parentesi dovrebbe farci riflettere sul vero significato della parola "riforme". Se un tempo infatti questa parola indicava provvedimenti legislativi che miravano a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e dei cittadini in generale, oggi "riformista" è solo un’etichetta che chiunque può appiccicarsi addosso, e sono riformisti coloro che chiedono di ridimensionare drasticamente istituzioni e diritti introdotti dalla democrazia, come il welfare state, che minacciano l’efficienza e la competitività del mercato. Se le varie "riforme" di Monti non vi sono bastate a chiarire il concetto, passiamo ad esaminare l'operato del nostro acclamato Presidente del Consiglio. Pensate, per esempio, alla "riforma" di Renzi sul mercato del lavoro, che ha di fatto legittimato il precariato a vita (avevamo approfondito il Job Act in questo articolo). Per non parlare poi della cosiddetta "riforma" sull'abolizione delle Province, che non solo non le ha abolite, ma rese semplicemente non elettive (in linea, del resto, con altri provvedimenti annunciati, come la riforma al Senato e l'Italicum, che tendono verso una democrazia sempre più mutilata), ma addirittura ha aumentato l'organico dei consiglieri regionali e comunali di 25000 unità circa. Queste sono le "riforme" che ci ha fatto assaggiare Renzi finora, ma la Fitch, e i mercati in generale, pretendono molto di più. Renzi sarà l'uomo delle svendite del patrimonio pubblico al miglior offerente e delle privatizzazioni selvagge, come sta già dimostrando, ad esempio, con la proposta di vendere Raiway per 150 milioni di euro nonostante sia appena stata ristrutturata per la modica cifra di 700 milioni e sia la società che possiede la diffusione del segnale televisivo in tutto il territorio italiano (ci rendiamo conto?). E Renzi, come continua lui stesso a ripeterci, sarà anche l'uomo che rispetterà in toto le regole dell'Unione Europea, come il Fiscal Compact, che dal prossimo anno ci obbligherà a racimolare, tra tagli e nuove tasse, circa 50 miliardi di euro all'anno, per 20 anni (potete approfondire qui).


Ma una volta compreso che delle cosiddette "riforme" dobbiamo seriamente iniziare ad avere paura, come anche della fiducia dei mercati, è utile riflettere su cosa effettivamente questi siano. Il nostro sistema economico viene definito un'economia di mercato, e viviamo nel mito della libera concorrenza, che porterebbe effetti benefici se lasciata dispiegare in modo sempre più incontrollato, nonostante la spinta sia data solo ed esclusivamente dalla ricerca del profitto. Ed è proprio questa l'ideologia di fondo che sta alla base delle politiche economiche di deregolamentazione dei mercati e di privatizzazione dell'economia imposte dall'Unione Europea ai singoli stati membri. La cosa fondamentale da comprendere è che in realtà mercato sta per capitalismo, ovvero proprietà privata dei mezzi di produzione, non regolata da obiettivi razionali del sistema nel suo complesso. Questo sistema di produzione, che bisognerebbe tornare a chiamare con il suo nome, ha causato i peggiori disastri immaginabili, a partire dal surriscaldamento globale, passando per innumerevoli guerre combattute solo per poter vendere armi, fino alla continua instillazione di sempre nuovi bisogni e insoddisfazione in noi poveri consumatori. Il sistema capitalistico causa tutto questo non per una cattiveria intrinseca, ma semplicemente per poter continuare ad esistere, trascinandoci inesorabilmente in una spirale di spreco e ingiustizie. Come si evince chiaramente dall'interessante saggio di Vladimiro Giacchè, La fabbrica del falso, il mercato è solo un prestanome per nascondere quella parola non troppo gradita, che oggi infatti non viene quasi più nominata, cioè capitalismo. E continuare a credere che questo sistema possa essere benefico nonostante sia contraddistinto esclusivamente dalla ricerca del profitto personale è la vera menzogna su cui si basa tutta la nostra società.

Gli Stati, in particolare quando spogliati di ogni sovranità come nel caso dell'Italia, si limitano ormai a garantire la migliore esecuzione amministrativa alle scelte che vengono assunte da chi detiene il potere economico, ovvero le grandi multinazionali e le grandi banche. Non c'è quindi da stupirsi se la Goldman Sachs, come spiegato in questo articolo, a fine gennaio lamentava il fatto che l'Italia fosse troppo poco competitiva, e richiedeva urgentemente riforme strutturali. Allo stesso modo non c'è da stupirsi se oggi è la Fitch a fare le sue stesse richieste. Ciò che invece dovrebbe stupire è che ben 11 milioni di nostri concittadini, lo scorso 25 maggio, abbiano legittimato il terzo uomo consecutivo espressamente voluto dai mercati, proprio come i suoi due predecessori non eletti prima di lui, per rispettare con zelo e convinzione tutti i diktat finanziari. 

Insomma, nonostante gli slogan a effetto che sembrano promettere un cambiamento radicale rispetto al passato ("L'Italia cambia verso", #SenzaPaura, ecc...), la realtà che ci aspetta è ben diversa. Proprio oggi infatti Mario Monti è uscito alla scoperto dichiarando che Renzi segue la sua stessa linea politica e la sua stessa agenda (potete approfondire qui). Stupiti? Certo, siamo d'accordo con voi, il bullo fiorentino è più giovane e sorridente, confeziona battute spesso originali e vivaci, ma i fatti sono fatti, scherzi a parte.

mercoledì 28 maggio 2014

Dedicato a chi si è venduto... AGGRATIS!

Dopo il risultato alle elezioni europee, che hanno visto come unico grande vincitore quel Matteo Renzi nominato da Napolitano e dalla Troika per svendere il nostro bel Paese e per condannare milioni di lavoratori ad una precarietà perpetua, dobbiamo ammettere che la tentazione di fare le valige e andare nel posto più lontano possibile è stata fortissima. Del resto molti ragazzi lo hanno già fatto e c'è da scommettere che saranno sempre di più ora a decidere di scappare dall'Italia. Purtroppo questo non è un Paese per giovani, e non perde occasione di negarci qualsiasi speranza. In questo Paese perfino padri e madri sono così attratti dall'illusione di 80 euro in più in busta paga da essere disposti a vedere i propri figli costretti a cercar lavoro dall'altra parte del pianeta, salvo poi lamentarsi perchè li riabbracciano solo una volta l'anno, a Natale, quando va bene. Ah, che coraggio ci vuole ad essere italiani!

Noi, per ora, resteremo. Anche, non lo nascondiamo, per il gusto di poter sbattere in faccia a quegli 11 milioni di italiani le conseguenze del proprio voto a Renzi, d'altronde le occasioni certo non mancheranno. Anzi, ad appena 3 giorni dal voto abbiamo già un paio di chicche che non vediamo l'ora di illustrarvi. 

La prima riguarda i famosi "80 euro". Eh già, perchè qualcuno era felice di aver barattato il proprio futuro e quello dei propri figli per ben 80 euro. Ci mancherebbe, si tratta di una bella sommetta. Il "problema" però è che in ben pochi avevano capito che effettivamente non sarebbero stati 80 per tutti. Il bonus infatti è riproporzionato in base a vari parametri, come il reddito annuo del 2014 e il periodo lavorato nello stesso anno. Ma allora perchè Renzi e praticamente tutti i mezzi di informazione cosiddetti "ufficiali" hanno omesso tali dettagli limitandosi a bombardarci con lo slogan, sicuramente di maggior impatto, "80 euro per 10 milioni di italiani"? Se ancora non lo avete capito, forse il tweet di questa giovane lavoratrice potrà schiarirvi le idee:


Buongiorno! Era solo campagna elettorale in vista delle europee, altro che rilancio dell'economia e giustizia sociale. L'abbiamo ripetuto fino allo sfinimento all'interno di questo blog. E poi, fermo restando che vendersi è sempre sbagliato ed umiliante per la propria persona (figurarsi farlo per una miseria come 80 euro), noi lo abbiamo scritto più volte che il famoso bonus sarebbe stata solo un'illusione, considerando anche l'eliminazione delle detrazioni per coniuge e figli a carico, oltre che l'aumento di imposte quali la Tasi. Ciò che non ci aspettavamo, onestamente, era che così tanti italiani potessero farsi fregare in questo modo, e probabilmente non se lo immaginava neppure lo stesso Renzi. Evidentemente, dai recenti 20 anni di berlusconismo non abbiamo imparato ancora nulla, continuiamo a sopravvalutare i nostri concittadini nonostante ci abbiano ampiamente dimostrato la loro imperturbabile creduloneria mista ad una buone dose di menefreghismo. Dobbiamo sempre imparare dalla storia, e la storia berlusconiana ci insegna anche un'altra cosa: la maggior parte di quelli che ci sono cascati questa volta, faranno lo stesso alle prossime elezioni. D'altronde c'è già chi twitta messaggi del genere:


La seconda chicca del governo Renzi post-elezioni riguarda invece la decisione di rifiutare di discutere in Parlamento la proposta di legge del M5S sull'abolizione di Equitalia, quella società per azioni che lucra sulla riscossione delle imposte portando alla disperazione sempre più cittadini e piccole e medie aziende. Già, perchè mentre alle società del gioco d'azzardo vengono condonati qualcosa come 98 miliardi di euro di evasione fiscale e a Berlusconi è concesso di espiare un'evasione di 300 milioni di euro andando 4 ore alla settimana in un centro per anziani, i piccoli imprenditori vengono tartassati da Equitalia fino al suicidio (e spesso non si fermano neppure allora, come in questo caso) e addirittura gli anziani possono vedersi pignorare la propria pensione di 600 euro (qui la storia). Se la prima mossa di Renzi dopo il grande successo elettorale è proprio quella di impedire anche solo la discussione parlamentare sull'abolizione di Equitalia, fregandosene bellamente delle atrocità che questa compie, allora state certi che ne vedremo veramente delle belle da qui al 2018.

Qualche parola, infine, volevamo aggiungerla sull'informazione. Avete fatto caso che il 27 maggio non si è parlato praticamente per nulla del tanto sbandierato bonus di 80 euro che finalmente era arrivato nelle tasche degli italiani? La stampa si è limitata ad adulare a più non posso Matteo lo sbancatore, l'uomo dei record, e il motivo ci sembra piuttosto chiaro. Evidentemente parlare degli 80 euro il giorno della vittoria di Renzi avrebbe potuto svilirne i meriti, qualcuno avrebbe potuto perfino pensare che gli 80 euro e il trionfo renziano fossero collegati, non sia mai! Certo, è anche vero che perchè questo potesse accadere gli italiani avrebbero dovuto prima imparare a fare 2+2, e finora hanno dimostrato di non essere particolarmente abili in simili operazioni. Ma come sempre, nel dubbio, meglio mettere tutto a tacere.

giovedì 22 maggio 2014

La mossa segreta di Renzi dopo la sconfitta alle Europee, è già tutto deciso!

Matteo Renzi, quando il 17 marzo di quest'anno si è presentato dalla Cancelliera Merkel, nervoso come uno scolaretto, ha garantito, a nome di tutto il Paese (con che legittimità??), che "Noi rispettiamo tutti i limiti che ci siamo dati, a partire dai limiti del Trattato di Maastricht. Quindi l'Italia non chiede di sforare i limiti di Maastricht. L'Italia non vuole cambiare le regole, dando il messaggio che le regole sono regole cattive, che vengono da qualcuno fuori da noiLe regole ce le siamo date noi, insieme, e le regole sono importanti.". Tra queste famose regole, come saprete, oltre al Fiscal Compact, ci sono il vincolo del 3% per il rapporto deficit-PIL e il pareggio di bilancio, che è stato addirittura inserito in Costituzione con la legge n.1 del 20 aprile 2012. Il rispetto di queste regole comporta quindi inevitabilmente che ogni maggiore spesa dello Stato debba trovare copertura in maggiori tasse o eventuali tagli ad altre voci della spesa stessa.

L'intera campagna elettorale del PD in vista delle europee, come avrete certamente notato, si è imperniata totalmente sugli ormai famosi 80 euro, dietro cui il Partito cosiddetto Democratico si è rifugiato ogniqualvolta qualche "gufo" ha posto una qualunque perplessità sull'operato del governo Renzi. Ma alla luce di quanto appena detto sopra, è importante capire che gli 80 euro non sono un merito del governo Renzi, che non ha trovato questi soldi da nuova crescita o da maggior efficienza dello Stato (è ormai nota ad esempio la legge truffa sulle Province, che non le abolisce, ma le rende semplicemente non elettive, con conseguente risparmio nullo per la collettività e ulteriore deficit di democrazia), bensì dovrà appunto reperirli da nuove tasse (per esempio dall'aumento della Tasi) e da tagli alla spesa pubblica (per esempio gli enti locali dovranno tagliare gran parte delle loro spese, tra cui quelle per la sanità). 

Oltretutto, sempre per lo stesso motivo, si deve tener conto che tale manovra non porterà alcun beneficio alla nostra economia e ai consumi, se non in misura ridicola. E' chiaro infatti che se con una mano distribuisci gli 80 euro, ma con l'altra te li riprendi per mezzo di tasse e tagli alla spesa, alla fine il saldo resta nullo. Quindi niente rilancio dei consumi e niente crescita economica, come del resto ci ricordano anche le ultime stime sulla crescita del PIL nel 2014 (+0,6% secondo il FMI, che negli ultimi anni si è dimostrato sempre di manica larga nelle sue previsioni). Allora l'obiettivo, evidentemente, non può essere quello di rilanciare l'economia, e ne è dimostrazione ulteriore il fatto che non si tratta di un progetto di lungo periodo, bensì di un bonus una tantum previsto unicamente per il 2014. Allo stesso modo l'obiettivo perseguito dal governo per mezzo dell'erogazione del bonus non può tantomeno essere quello di promuovere la giustizia sociale, altrimenti i beneficiari di questa prima manovra di governo sarebbero dovuti essere quelli che un lavoro non ce l'hanno mai avuto e quelli che non ce l'hanno più, quelli che non riescono ad arrivare alla fine del mese, non certo i "fortunati" che perlomeno un lavoro ce l'hanno.

A ben vedere allora l'unico vero obiettivo che il governo Renzi può perseguire per mezzo degli 80 euro è quello di proporre un voto di scambio a ben 10 milioni di italiani, per paura di una sempre più probabile figuraccia alle urne. Ciò è chiaro per almeno tre ragioni, oltre a quella, già vista poco più su, per cui la manovra non è concretamente in grado di raggiungere nessun risultato dal punto di vista della ripresa economica. In primo luogo si deve tener presente che il ceto beneficiario del bonus in busta paga, ovvero i lavoratori subordinati con un reddito tra gli 8000 e i 25000 euro annui, è proprio quel bacino elettorale tradizionalmente del PD. Renzi cerca quindi di fugare eventuali dubbi del suo elettorato con qualche soldino in più in busta paga. In secondo luogo ricordiamo che il bonus, come anticipato prima, è tutt'altro che strutturale, in quanto già quest'anno le coperture sono ambigue e comunque dovranno essere confermate nella legge di stabilità di ottobre, mentre per gli anni successivi non c'è neppure una bozza di copertura. Va da sè che ciò rende il bonus un mero incentivo al voto, quindi una mancetta o voto di scambio che dir si voglia, piuttosto che una riforma seria e rivoluzionaria. Da ultimo, la terza e forse più importante ragione che ci porta a concludere che gli 80 euro sono puro e semplice voto di scambio riguarda la data scelta dal governo Renzi per la prima erogazione del bonus ai lavoratori: il 27 maggio, solo due giorni dopo quel voto alle europee che il PD sembra tanto temere.

Inizialmente ci sembrava che la scelta di una data successiva al 25 maggio, per l'erogazione dei primi 80 euro, potesse essere un'occasione sprecata per Renzi, dato che lo esponeva comunque alle critiche di chi sostiene che in realtà quei soldi non arriveranno mai in busta paga, ma ben presto ci siamo resi conto che ci sbagliavamo. In realtà questa scelta ha un enorme vantaggio. Mentre da un lato infatti Renzi ha potuto comunque sfruttare gli 80 euro come cavallo di battaglia durante tutta la campagna elettorale pre-europee, dall'altro lato lo stesso Presidente del Consiglio sa benissimo che il suo è un governo fragile, perchè non eletto da nessuno, e quindi un riscontro negativo alle europee, che sembra sempre più probabile, ne causerebbe direttamente una crisi di legittimità. Il popolo dimostrerebbe cioè che il governo che gli è stato imposto dall'alto non lo rappresenta, e sarebbe sicuramente legittimo, oltre che auspicabile (se ancora siamo in democrazia), chiedere a gran voce nuove elezioni politiche. Del resto il Movimento 5 stelle ha già annunciato che chiederà le dimissioni di Napolitano, garante fino allo sfinimento delle disastrose larghe intese, e lo scioglimento delle Camere subito dopo l'eventuale vittoria alle europee. 

Prima di analizzare più approfonditamente la strategia dell'eventuale post-sconfitta di Renzi, ci sembra però doveroso aprire una breve parentesi per rispondere a tutti coloro che ribattono che elezioni politiche ed elezioni europee non hanno nulla a che vedere le une con le altre, e che quindi un'eventuale vittoria del M5S non inficerebbe minimamente la legittimità del governo Renzi. Fiano, deputato PD, afferma che nella nostra Costituzione (talmente bella che cercano in tutti i modi di smantellarla) non c'è nemmeno un articolo in cui si sostiene che il Presidente del Consiglio debba essere eletto dal popolo tramite elezioni. La nostra, del resto, è una Repubblica parlamentare. Benissimo, però ci sono un paio di dettagli che sfuggono al nostro Fiano, come ad esempio il fatto che questo è ormai il terzo governo scelto dalla Merkel e dai mercati, a cui la maggioranza parlamentare ha dato la propria fiducia non per il bene del popolo italiano, ma per mero servilismo verso i poteri finanziari di cui questi sono portavoce. E ciò a prescindere dalla Costituzione, è un dato di fatto su cui siamo chiamati a ragionare, come cittadini italiani. Ma se a qualcuno non dovesse bastare, ricordiamo un altro dettaglio che non va trascurato, ovvero quelle sentenze di Corte Costituzione e Corte di Cassazione che dichiarano la palese illegittimità, oltre che del Porcellum, dell'intero Parlamento eletto con quella legge. Insomma, lo scioglimento delle Camere, secondo la Suprema Corte, sarebbe auspicabile a prescindere dalle elezioni europee, figuriamoci poi se il popolo si pronuncerà a favore di una forza politica che non fa parte delle larghe intese di governo! 

Ma torniamo ai nostri 80 euro. Concedere il bonus il 27 di maggio, a distanza di solo due giorni dalle elezioni, consentirà a tutti i media di dare risalto esclusivamente alla concessione del bonus e di mettere in secondo piano l'importanza del voto alle europee in caso di sconfitta del PD. Basti pensare che i giornali potranno pubblicare i risultati definitivi degli scrutini elettorali proprio il 27 maggio, in concomitanza quindi con l'erogazione degli 80 euro. In questo modo Renzi spera di rabbonire gran parte dell'opinione pubblica, cercando di metterla contro quegli stessi "gufi" che fino a poco prima avevano posto dubbi sulle coperture e che ora pretenderebbero nuove elezioni. In sostanza, in virtù di una promessa finalmente mantenuta, si cercherà di delegittimare chiunque proverà a pretendere che il voto alle europee porti allo scioglimento delle Camere e a nuove elezioni. "Renzi ha appena iniziato, ha dimostrato di fare quello che dice, lasciatelo lavorare ancora, dategli fiducia, 80 giorni sono pochi" eccecc... Riuscite a immaginarvelo? Noi sì!

Il 27 maggio, comunque vada il voto delle europee, TV e giornali ci bombarderanno di elogi verso il governo Renzi, prepariamoci e soprattutto cerchiamo di restare lucidi.  Come abbiamo visto si tratta di un bonus una tantum che non avrà alcun effetto sulla crescita e che non deriva da meriti del nuovo Presidente del Consiglio, ma semplicemente da nuove tasse e da tagli a servizi essenziali. Quindi non c'è alcun motivo per cui il governo Renzi dovrebbe essere rivalutato in seguito all'erogazione degli 80 euro, anzi, per tutti coloro che non li riceveranno questo provvedimento nasconde una vera e propria beffa. Questi infatti, oltre a non vedersi attribuire neppure un centesimo dal governo, saranno addirittura chiamati a pagare più tasse e a ricevere meno servizi per finanziare la manovra stessa. Per tutti gli altri invece gli 80 euro entreranno dalla porta e usciranno dalla finestra. Il bonus è solo un'illusione.

Non possiamo permettere che una volta di più Renzi si nasconda dietro agli 80 euro. Non possiamo e non dobbiamo farci incantare, siamo a un punto cruciale per dare una vera svolta al nostro Paese, per rendere effettivamente al popolo quella sovranità assoluta che gli riconosce l'articolo 1 della nostra Costituzione. Non possiamo accontentarci di questa mancetta, non umiliamoci, continuiamo a pensare in grande e a sognare in grande, per un futuro diverso. Ce lo meritiamo.

lunedì 19 maggio 2014

ELEZIONI EUROPEE: chi è il vero cambiamento?

Le elezioni europee sono ormai alle porte, così abbiamo deciso di provare a raccontarvi quale ragionamento abbiamo seguito noi nella nostra personale scelta di voto. Qui non vogliamo condizionare nessuno, la campagna elettorale la lasciamo ai politici. Noi vorremmo semplicemente provare a dare un punto di vista diverso sulla consistenza di queste elezioni europee e magari fornire qualche spunto di riflessione a chi legge, nella speranza che possa rivelarsi utile.


Il punto di partenza del nostro ragionamento sta nella domanda: quali sono i problemi prioritari riguardanti l'Europa? A questo proposito la nostra posizione sull'euro e l'austerità dovrebbe ormai essere piuttosto chiara. Come abbiamo visto in questo articolo infatti è ormai fuori discussione che l'austerity europea non faccia altro che danneggiare la nostra economia, senza darci alcun beneficio. E' evidente quindi che, se per ridurre il debito pubblico lo Stato è costretto ad alzare sempre di più le tasse e a ridurre drasticamente la spesa pubblica, allora l'unico risultato che si otterrà sarà quello di far crollare il potere d'acquisto dei cittadini e quindi la domanda interna del Paese. Da qui la chiusura di migliaia di aziende, a loro volta martoriate dalle tasse, e i tassi di disoccupazione a due cifre degli ultimi anni. D'altro canto però è l'euro lo strumento per mezzo del quale effettivamente l'UE può imporci di attuare queste politiche di austerity e, come se non bastasse, è sempre l'euro il diretto responsabile di un ulteriore fattore di crisi per il nostro tessuto produttivo. Essendo una moneta estera infatti l'euro, come abbiamo spiegato in questo articolo, è una moneta troppo forte per la nostra economia e rende i nostri prodotti molto meno competitivi rispetto a quelli esteri, in primis quelli tedeschi. Ecco quindi che crollano le esportazioni, nonchè il consumo di prodotti nazionali a vantaggio delle importazioni, e di conseguenza ecco ancora la chiusura di migliaia di aziende con la perdita di numerosissimi posti di lavoro.

A questo punto dovrebbe essere chiaro che l'austerità e l'euro sono i veri problemi da affrontare parlando di Europa. Già questa prima considerazione può quindi permetterci di escludere il PD di Matteo Renzi dalle nostre alternative di voto. Da un lato, infatti, il PD, nonostante provi a far finta di criticare l'austerità, ha ribadito più volte la propria volontà di rispettare tutte le regole e i vincoli comunitari, dal 3% di rapporto deficit/PIL al Fiscal Compact (un giochino che nel giro di 20 anni ci ridurrà così) passando per il pareggio di bilancio. Dall'altro lato poi, il PD ha sempre dichiarato fermamente la propria posizione pro-euro e d'altronde non potrebbe essere altrimenti, dato che sono stati loro, con il governo Prodi, a condurci in questo inferno spacciandocelo per l'inizio di una nuova era di pace e prosperità per i popoli europei (ricordate il famoso "lavoreremo un giorno in meno guadagnando come se lavorassimo un giorno in più"?). Ammettere il fallimento dell'euro, quindi, per quelli del PD sarebbe un autogol mostruoso, e proprio per questo non lo faranno mai.

Seguendo lo stesso ragionamento possiamo escludere anche Forza Italia e Nuovo Centrodestra, che proprio insieme al PD hanno votato "sì" all'introduzione del Mes, del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio. Forza Italia e NCD inoltre sono membri del Partito Popolare Europeo (PPE), che è il partito attualmente maggiormente rappresentato in ciascuna delle istituzioni dell'Unione Europea e, considerando che anche il partito di Angela Merkel è membro di questo gruppo, è facile dedurre come proprio il PPE non abbia opposto alcuna resistenza, ma anzi abbia addirittura sostenuto le distruttive politiche di austerity degli ultimi anni. Inutile dire, quindi, che al contrario di quanto prova a farci credere Berlusconi nelle sue ultime dichiarazioni, si tratta anche in questo caso di forze politiche evidentemente pro-euro e pro-austerity.

Una volta eliminati PD, Forza Italia e NCD dal nostro panorama elettorale, restano quindi da valutare il Movimento 5 Stelle, Un'altra Europa con Tsipras, Lega Nord e Fratelli d'Italia. Tra questi, però, Un'altra Europa con Tsipras nel proprio programma elettorale si dichiara apertamente contrario all'uscita dall'euro e quindi possiamo tranquillamente scartarlo. Ma tale esclusione si basa anche su altre ragioni, sulle quali torneremo più tardi.

Per giungere finalmente al verdetto conclusivo allora non resta che chiedersi: "Come si fa ad uscire dall'euro e dall'austerità europea?". Questo è un punto fondamentale ai fini del voto, perchè il fatto che una forza politica denunci correttamente i veri problemi non comporta necessariamente il fatto che poi questi problemi li risolva. A nostro avviso quindi i requisiti fondamentali che deve possedere una forza politica che voglia tirarci fuori da questa trappola eurocratica sono la credibilità e un adeguato potere contrattuale nei confronti delle istituzioni europee.

Per quanto riguarda il primo fattore, la credibilità, intendiamo ovviamente coerenza e integrità. Appare subito evidente quindi come da questo punto di vista il M5S abbia decisamente una marcia in più, avendo sempre dimostrato di tener fede alle proprie promesse e al proprio programma e non facendosi mai coinvolgere in alcun tipo di scandalo, al contrario di Lega e Fratelli d'Italia che invece sono stati coinvolti in scandali come questo e questo e più volte hanno dato prova di scarsa coerenza. Si tenga presente, ad esempio, che sia la Lega che molti esponenti di Fratelli d'Italia, tra cui la stessa Giorgia Meloni che all'epoca era deputata per il PDL, votarono "sì" all'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione.

In quanto al secondo fattore poi, il potere contrattuale, ci sembra quello più rilevante e decisivo. Oltre a valutare la bontà dei programmi e delle intenzioni infatti è fondamentale cercare di capire come poi le varie forze politiche possano tenervi fede. A nostro avviso, a tal fine non è sufficiente inviare una manciata di eurodeputati a Bruxelles, e questo innanzi tutto perchè il Parlamento europeo, proprio in virtù dell'assetto istituzionale assunto dall'UE, conta quasi zero ai fini delle decisioni finali. Pensate che non è neppure in grado di legiferare autonomamente! Il Parlamento Europeo quindi semplicemente non è in condizione di farsi protagonista di alcun tipo di cambiamento, neppure se lo volesse. A tal proposito vi consigliamo di guardare attentamente il video qui sotto, tratto dalla puntata del 14 maggio della Gabbia e in cui Paolo Barnard, a partire dal minuto 4:30, spiega chiaramente proprio l'inutilità del Parlamento Europeo:


Per questo motivo la strategia della Lega e di Fratelli d'Italia, e lo stesso discorso vale anche per Un'altra Europa con Tsipras, di mandare europarlamentari euroscettici a Bruxelles non ci sembra in grado di portare ad alcun risultato concreto. Questo nonostante la stima che proviamo nei confronti di alcuni di loro, specie per il professor Borghi, che da anni cerca di sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi europei e soprattutto sulla moneta unica. Molto più incisiva ci sembra invece la linea scelta dal M5S. Grillo infatti ha dichiarato più volte che se il Movimento vincesse le europee, allora si aprirebbe necessariamente una crisi di governo che condurrebbe a nuove elezioni politiche. E' questa l'unica strada per uscire seriamente dai vincoli europei e dalla moneta unica: avere un governo nazionale che vanti un ampio consenso democratico e che sia disposto a tutto pur di tener fede alle promesse fatte ai propri elettori. Solo un governo nazionale forte infatti può davvero ricattare i massimi vertici europei per ottenere l'abolizione del Fiscal Compact, del pareggio di bilancio e un nuovo assetto monetario comunitario come potrebbe essere ad esempio quello del ritorno alle valute nazionali o quello dell'euro a due velocità, minacciando un'uscita unilaterale dalla moneta unica e magari anche dall'UE in caso contrario. Ogni altra via, che voglia cambiare l'Europa facendo la voce grossa alle sedute del Parlamento Europeo, nonostante gli slogan a volte anche condivisibili, rischia di trasformarsi in una mera illusione non sorretta da nessun concreto e realizzabile disegno politico.

Come Italia dobbiamo ricordarci di essere il terzo finanziatore dell'Unione Europea. Dobbiamo renderci conto che la stessa sopravvivenza dell'euro è subordinata alla nostra accettazione della moneta unica e che quindi avremmo un grandissimo potere contrattuale da esercitare nei confronti dell'Europa. Purtroppo però tale potere continuerà a restare inutilizzato finchè al governo avremo un partito fortemente europeista come il PD di Matteo Renzi, non c'è europarlamentare leghista che tenga. Finchè l'ultima parola su ogni decisione davvero importante spetterà al PD, in Europa non faremo paura proprio a nessuno e non saremo in grado di ottenere alcunchè. Ecco perchè alla fine abbiamo deciso di votare Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni europee: perchè ci sembra l'unica forza politica che porta avanti, con coerenza e integrità, idee fortemente euroscettiche e di rinnovamento e, allo stesso tempo, ci sembra l'unica in grado di concretizzarle andando al governo di questo Paese e dando un vero e proprio ultimatum alle istituzioni europee.

Non deve infine suscitare grandi preoccupazioni la decisione del Movimento 5 Stelle di indire un referendum consultivo sull'uscita dall'euro, e non, come alcuni invece vorrebbero, di schierarsi direttamente a favore del ritorno alla valuta nazionale. Più volte infatti in questo blog abbiamo parlato della necessità di un vero cambiamento culturale, che si accompagni all'uscita dall'euro e che permetta ai cittadini di riappropriarsi direttamente della propria sovranità politica, economica e monetaria assumendosene la responsabilità. In breve, secondo noi è necessario che ognuno si attivi e si informi autonomamente sulla "cosa pubblica" e che sia in grado di formarsi una propria opinione critica sui temi più importanti, altrimenti tornare alla sovranità nazionale non servirebbe a niente dato che si risolverebbe in un mero passaggio di mano dalle istituzioni comunitarie a quella stessa classe politica che, svendendoci al miglior offerente, ci ha trascinati nell'attuale catastrofe economica e sociale. Insomma, la sovranità, per quanto fondamentale, è solo uno strumento, ed è perfettamente inutile se il popolo non la esercita attivamente, diventando rappresentante di se stesso.

Come detto all'inizio, comunque, questa è solo la nostra personale lettura dell'attuale scenario politico italiano in vista delle europee, quindi non pretendiamo di convincere nessuno, al massimo di stimolare una riflessione e magari un dibattito aperto. Proprio a questo proposito infatti speriamo di leggere vostri commenti in cui ci dite se siete d'accordo con la nostra lettura o, se siete in disaccordo, ci piacerebbe sapere come la pensate. Buon voto a tutti!

sabato 17 maggio 2014

Un altro motivo per non fidarsi di Renzi

Facciamo un gioco, provate a indovinare chi ha pronunciato questo discorso:

"Io mi permetto di formulare anche qui a Bologna, di esprimere anche qui a Bologna una nota di ottimismo e di fiducia. Ciò che mi viene rimproverato, l'ottimismo e la fiducia, [...] e sono così convinto però che senza l'ottimismo e la fiducia, di fronte alle difficoltà della vita, non potremmo fare altro che difenderci, od arretrare, o rinunciare. Io invece ho fiducia nella possibilità di far sì che l'Italia accresca il suo ruolo, il suo prestigio e la sua influenza internazionale [...]. Fiducia nella possibilità di fare avanzare la nostra vita democratica attraverso revisioni, cambiamenti, trasformazioni [...]. Io ho fiducia nella possibilità di metterci definitivamente alle spalle gli anni della crisi economica, della insicurezza e della incertezza e di entrare in un periodo che possa durare a lungo di forte sviluppo del nostro paese."

Crediamo di sapere a chi state pensando: ha la "c" aspirata e crede di essere circondato da gufi? In effetti non c'è da stupirsi se vi è venuto in mente proprio lui, viste le inquietanti similitudini che anche noi abbiamo riscontrato, ma vi riveliamo che questo discorso politico risale al 3 novembre 1984, e fu pronunciato da Bettino Craxi. Sono passati quasi 30 anni, per cui nessuno ci accuserà di essere conservatori e gufi se facciamo notare che le belle, quanto vuote, parole pronunciate da Craxi si sono poi rivelate, appunto, totalmente astratte, un semplice mezzo di propaganda per attirare demagogicamente consensi.

Come ricorderete, Craxi all'inizio degli anni '90 fu coinvolto negli scandali di Tangentopoli. Subì infatti due condanne definitive per corruzione e finanziamento illecito al Partito Socialista Italiano, e morì in Tunisia, dove era scappato, mentre erano in corso altri quattro processi contro di lui. Il governo e il partito di Craxi erano stati sostenuti anche da Silvio Berlusconi, suo amico personale (oggi in "profonda sintonia" con il nostro Renzi).

Alcuni di noi ancora non erano nati nel lontano 1984, altri forse erano troppo giovani, ma chi ha vissuto intensamente quegli anni come può cadere nella rete del cosiddetto "nuovo che avanza"? Vogliamo ricordare che, tra le altre cose, Renzi ha già sulle spalle una condanna in primo grado della Corte dei Conti  per danno erariale, risalente al 2011, alla quale l'ex sindaco ha fatto ricorso in appello. Ma ovviamente televisioni e giornali non ne parlano, mentre la giustizia italiana fa, come al solito, il suo lungo corso. Insomma, il "nostro" premier, mai eletto, è stato condannato, in particolare (potete trovare maggiori informazioni in questo articolo), per assunzioni clientelari, per un danno di 2.155.000 euro e per aver speso circa 600mila euro di soldi pubblici in cinque anni tra viaggi, ristoranti, pasticcerie di lusso, regali e ospitalità (tanto per citare un esempio: la gita di Renzi negli Stati Uniti nei giorni in cui Obama fu eletto presidente è costata ben 70mila euro). 

Non proprio un modello di diligenza ed onestà, non trovate? E questo è solo il biglietto da visita! Per il resto, potete facilmente verificare come, giorno dopo giorno, Renzi stia smentendo ad una ad una tutte le promesse che ha fatto, a partire da quella, allora celebre ma oggi, apparentemente, dimenticata, della rottamazione delle vecchie cariatidi del suo partito (vi consigliamo di leggere questo articolo, in cui abbiamo intrapreso l'arduo compito di provare a riunire le promesse disattese del neo-premier).

Dove vogliamo arrivare? Vorremmo semplicemente che nessuno più si affidasse ciecamente alle promesse del politicante di turno, adagiandosi in un limbo di disinformazione e apatia. Il discorso di Craxi che abbiamo riportato all'inizio mostra chiaramente come gli astratti temi trattati per attrarre consenso siano rimasti gli stessi negli ultimi 30 anni, così come le belle parole per trasmetterli al meglio. Si passa da "ottimismo" e "fiducia", concetti che oggi sono i cavalli di battaglia di Renzi, ad una "incertezza" da lasciarci alle spalle che ci ricorda molto la "palude" renziana.

Dalla pagina facebook del premier, 16/05/2014: "Io non vi chiedo di avere fiducia in me, vi chiedo di avere fiducia in un noi, che è molto più grande di Matteo e degli altri candidati, vi chiedo di avere fiducia nell'Italia, il tempo più bello per l'Italia ancora non è arrivato."

Ci è richiesto, insomma, di fidarci ciecamente dei nostri rappresentanti, che sicuramente sapranno cosa è meglio per noi (siate ottimisti, suvvìa!), e sicuramente faranno ciò che hanno promesso, no? In realtà no, come ci hanno dimostrato prima Bettino Craxi negli anni '80, e poi anche Silvio Berlusconi negli ultimi 20 anni. Questi due signori a quanto pare hanno insegnato molto a Renzi in tema di promesse, e l'allievo ci sembra già sulla buona strada per superare i maestri.

E' arrivato il momento di allontanarci da questo modo apatico di vivere la politica e risvegliarci dal torpore di questa fiducia incondizionata che siamo disposti a donare, contro qualsiasi evidenza logica, spesso solo per abitudine o per paura di vivere un cambiamento che sia vero. E' ora di tornare ad essere protagonisti della nostra storia, cittadini informati, giudici dei nostri rappresentanti e del loro dovere, fino ad essere addirittura rappresentanti di noi stessi. La scelta è solo nostra.

venerdì 16 maggio 2014

Questa volta è l'ISTAT a sbugiardare Renzi: rosiconi anche loro?

Dopo questa dichiarazione dell'eurodeputata tedesca Ska Keller, che a Ballarò spiegava come l'euro effettivamente avvantaggi le esportazioni tedesche ai danni di quelle degli altri partners europei, ecco che arrivano i dati Istat relativi alla crescita in Italia nel primo trimestre del 2014 a ribadire il concetto. 

Tanto per far capire la gravità di questi dati, si consideri che non registravamo livelli così bassi di PIL dal 2000, il che equivale a dire che siamo tornati indietro di ben 14 anni! In pratica, il PIL italiano è diminuito dello 0,1% rispetto all'ultimo trimestre del 2013 e dello 0,5% rispetto al primo trimestre del 2013, e se la situazione dovesse restare invariata chiuderemmo il 2014 con una crescita del PIL pari al -0,2%. Ben un punto percentuale in meno rispetto al +0,8% previsto dal governo Renzi nel suo DEF di aprile, stima che a detta dello stesso Presidente del Consiglio doveva addirittura essere prudenziale. 

D'ora in avanti, quindi, Monti, Letta e Renzi non saranno più accomunati dal solo fatto di non essere passati dalle elezioni prima di diventare Presidenti del Consiglio, ma anche da una fervida immaginazione economica in grado di trasformarsi regolarmente in gaffes mostruose. Siamo passati dalla famosa "luce in fondo al tunnel" di Monti nel 2012 ai "reali segnali di ripresa" di Letta nel 2013 per giungere infine alla nuova e delirante illusione renziana sul 2014. Insomma, ancora non ci siamo stufati di credere alle menzogne dei burattini mandati da Bruxelles?

Finchè resteremo in questo sistema dell'euro nessuna ripresa economica sarà possibile, e ciò tendenzialmente per due ragioni. Innanzi tutto perchè l'euro è lo strumento per mezzo del quale l'Unione Europea (leggi Germania) può imporci le proprie politiche di austerity e, in secondo luogo, perchè l'euro ha reso molto meno competitive le nostre esportazioni (qui abbiamo spiegato come funziona). Mentre le politiche di austerity, fatte di tagli e tasse, non fanno altro che annichilire la domanda interna dei Paesi, mettendone in ginocchio il tessuto produttivo, l'euro non permette a queste aziende, sempre più schiacciate dai debiti e dalle tasse, neppure di trovare sbocco sul mercato estero. Ecco perchè non dobbiamo stupirci se anche in questo primo trimestre del 2014 in Italia hanno chiuso i battenti ben 3811 aziende (+4,6% rispetto al primo trimestre del 2013: qui la fonte) e la situazione non accenna a migliorare.

Stando all'interno dei vincoli comunitari non saremo mai in grado di risolvere il più grave problema che affligge la nostra economia, cioè quel livello esorbitante di tassazione che da anni rende la pressione fiscale italiana la più pesante al mondo (lo dice il Sole24Ore in questo articolo). Anzi, la tassazione in Italia non potrà che aumentare sempre più, soprattutto a partire dall'anno prossimo per via del Fiscal Compact. Per questo il bonus di 80 euro proposto da Renzi non è altro che voto di scambio: perchè non avrà alcun effetto sulla crescita. Questo, in primis, in quanto non si tratta di una misura strutturale (che varrà per sempre), ma per l'appunto di un bonus concesso solo per il 2014 e, in secondo luogo, in quanto, proprio per via dei rigidi vincoli comunitari, ad ogni diminuzione di tasse devono corrispondere necessariamente maggiori entrate per lo Stato da altre vie, ed ecco quindi sbucare aumenti della TASI, delle accise, ecc. D'altronde lo stesso DEF varato dal governo Renzi ammette nero su bianco che nel 2014 la pressione fiscale aumenterà dello 0,2% rispetto al 2013, quindi di cosa stiamo parlando? 

Dovremmo smetterla, una volta per tutte, di credere ciecamente ai governi di nominati che si avvicendano alla guida del nostro Paese e che, tra una promessa e l'altra, ci stanno traghettando verso la Grecia. Alle prossime elezioni europee del 25 maggio avremo finalmente la grande possibilità di manifestare, tramite il voto, il nostro netto dissenso verso questo sistema eurocratico dominato dalla finanza e verso i suoi servi fedeli. Se saremo tanti non potranno più ignorarci, e potremo legittimamente pretendere nuove elezioni politiche. E' la nostra ultima occasione di farci sentire, in modo democratico, prima del 2018, scadenza apposta da Renzi al suo stesso mandato. Non ce ne saranno altre.

mercoledì 14 maggio 2014

Di chi sono i "nostri" asset strategici?

Ricordate cosa disse il premier Matteo Renzi lo scorso 3 aprile durante un'intervista a "8 e mezzo"? Se non lo ricordate, il video che segue vi rinfrescherà la memoria:


Si parla di ENI, quella che una volta era l'Ente Nazionale Idrocarburi e che dal 1994 è una multinazionale quotata in borsa, di cui lo Stato italiano detiene appena il 30% delle azioni. Ma a dirci cos'è veramente l'ENI ci pensa lo stesso Matteo Renzi: "ENI è un pezzo fondamentale della nostra politica energetica, della nostra politica estera, della nostra politica di intelligence. Cosa vuol dire intelligence? I servizi, i servizi segreti. E' un pezzo fondamentale della nostra credibilità nel mondo". Eh sì, avete capito bene: le nostre politiche energetiche, estere e di intelligence sono in mano ad una multinazionale privata. Parola del Presidente del Consiglio. 

Lo Stato italiano comunque, dopo la privatizzazione di ENI, ha conservato dei poteri speciali, tra cui il più rilevante è probabilmente quello di poter nominare 5 dei 9 componenti del Consiglio d'Amministrazione della società. Ma siamo sicuri che questo basti a far sì che le strategie di ENI siano coerenti con i fondamentali obiettivi nazionali di politica energetica, estera e di intelligence? Questa recentissima notizia non lascia molto spazio ai dubbi: l'assemblea degli azionisti di ENI, in data 8 maggio 2014, ha bocciato il "requisito di onorabilità" proposto dal governo, con tanto di applausi. 

In pratica, con il "requisito di onorabilità" si voleva mettere nero su bianco che chi è giudicato colpevole (anche solo in primo grado) di reati di carattere societario o contro la pubblica amministrazione, non può essere scelto come amministratore e, se viene condannato mentre è in carica, deve dimettersi. Ma perchè mai un azionista, che per definizione è interessato unicamente al proprio profitto, dovrebbe accettare una clausola simile? E perchè mai, sempre lo stesso azionista, dovrebbe accettare strategie utili all'interesse pubblico italiano, ma in contrasto con i propri interessi economici? Questo non avverrà mai, e ne è emblematica dimostrazione il caso del "requisito di onorabilità", sul quale tra l'altro non stupisce l'accanita opposizione dell'Amministratore Delegato uscente Paolo Scaroni, guarda un po' già condannato per tangenti nel '96, per aver inquinato il territorio del delta del Po con l'Enel nel 2011 e nuovamente per tangenti nel 2013. Di onorabile, in tutto questo, effettivamente cogliamo ben poco.

A questo punto lo scenario che si apre davanti ai nostri occhi è inquietante a dir poco. In pratica, le nostre politiche estere, energetiche e di intelligence sono in mano a degli azionisti privati, che possono porre il veto su decisioni fondamentali per l'interesse pubblico se temono che queste decisioni possano arrecare danni ai propri profitti. Come possiamo pensare che il governo possa effettivamente promuovere, per esempio, una politica di riconversione energetica dal fossile alle rinnovabili se non è neppure in grado di far applicare un elementare principio etico come il "requisito di onorabilità"? La gravità di tutto questo è innegabile, ma forse colpisce ancor di più il fatto che il nostro Presidente del Consiglio sembri convinto di poter contare su ENI per portare avanti le proprie politiche energetiche, estere e addirittura di intelligence, trascurando che invece ENI risponde unicamente alle logiche di profitto dei propri azionisti. Si tratta di ignoranza pura, oppure Renzi vuole subdolamente convincerci di avere sotto controllo un pezzo tanto nevralgico del nostro patrimonio pubblico come ENI? Tra le due non sapremmo scegliere la meno peggio.

L'unica certezza che abbiamo è che non possiamo permettere al mercato di gestire a proprio piacimento asset strategici, fondamentali per il nostro Paese, come ENI, Enel, Poste e Finmeccanica, o di appropriarsi di beni e servizi pubblici essenziali come l'acqua, l'istruzione e la sanità. Non possiamo permettere la ripetizione di un ulteriore scandalo Telecom, che ci condannerà per sempre all'arretratezza tecnologica mentre il resto del mondo si digitalizza. Per non parlare poi del caso Bankitalia, che fino a poco fa si riteneva essere un Istituto di diritto pubblico solo formalmente privato, ma che ora tende sempre più, soprattutto in seguito al famoso decreto Imu-Bankitalia, ad assumere le sembianze di una società per azioni privata a tutti gli effetti. 

Il primo passo non può che consistere nel riappropriarci delle sovranità politica, economica e monetaria, ormai tristemente privatizzate anch'esse in quanto sottomesse a mere logiche di mercato. Questi strumenti, necessari tra le altre cose per riprendere il controllo dei nostri asset strategici, devono tornare nelle mani dello Stato, che a sua volta deve tornare nelle mani dei cittadini prima che sia troppo tardi. Qui non si tratta neanche più di liberismo o statalismo, destra o sinistra, buoni o cattivi. Dobbiamo superare tutte queste barriere e far fronte comune per riappropriarci delle nostre ricchezze. Si tratta del nostro futuro, sia come individui che come Paese, si tratta di cosa lasceremo alle prossime generazioni di italiani.

martedì 13 maggio 2014

PROPAGANDA RAI: gli spot pro Unione Europea

Quelli che potete vedere qui sotto sono due dei discussi spot pro-Europa andati in onda sulla Rai prima nel mese di aprile, poi perfino in questi giorni, in piena campagna elettorale per le elezioni europee (gli altri spot li potete trovare a questo link):



Se ci fate caso, al termine dei video, sotto il logo della Rai vediamo scritto: "di Europa, si deve parlare". Niente in contrario, anzi! Per troppi anni si è cercato di eludere il dibattito sull'argomento, etichettandolo come populista, complottista, semplicista, e così via, ignorando, tra gli altri, anche i pareri di svariati Premi Nobel critici verso il processo di integrazione europea portato avanti da Bruxelles (per esempio il Nobel per l'economia Paul Krugman si è espresso così sull'euro e sulla situazione italiana). Ma oggi che l'opinione pubblica si rivela sempre più sensibile e insofferente verso questa Europa, evidentemente anche la nostra unica emittente televisiva pubblica si è resa conto che non è più possibile far finta che l'argomento Europa non esista. Il problema è che ne parla, sì, ma a senso unico!

E' mai possibile infatti che in nessuno di questi video siano riportate le posizioni degli euroscettici? Gli ultimi sondaggi (per esempio questo) riportano che addirittura il 70% degli italiani si definiscono "eurocritici" e ammettono di avere sempre meno fiducia in quell’Unione che solo 10 anni fa era vista come un’occasione di sviluppo e cooperazione internazionale. Non c'è quindi da stupirsi se il presidente di vigilanza Rai, Roberto Fico del M5S, abbia presentato un quesito alla Rai proprio su questo tema. Qui ne riportiamo un passaggio: "Questi messaggi sembrano però sottoporre all’attenzione dello spettatore la validità del solo modello europeo esistente, non prospettando altre visioni e non riportando le posizioni critiche sull’assetto comunitario vigente." (Potete trovare qui l'intervento completo)

Il punto fondamentale è che la Rai è una rete televisiva pubblica, a cui paghiamo un canone per essere informati a dovere, in maniera imparziale, e non certo per subire un lavaggio del cervello a favore di euro ed Europa, e di conseguenza a favore dell'unica forza politica influente che continua a difendere questo sistema (il PD). L'informazione che ci viene quotidianamente trasmessa invece è tutto fuorché imparziale, come abbiamo potuto notare anche dalla censura effettuata dalla Rai stessa a un frammento dell'intervento a Ballarò dell'eurodeputata tedesca Ska Keller, in cui questa sosteneva che fuori dall'euro la Germania perderebbe posti di lavoro perchè nessuno comprerebbe più i carissimi beni tedeschi (per l'articolo completo, clicca qui). 

Per queste ragioni ci sembra una presa in giro, per non dire una truffa, quando, appena sotto alla scritta "di Europa, si deve parlare", ne leggiamo un'altra che recita: "per informare, non influenzare". La censura e la diffusione di spot celebrativi sono strumenti tipici della propaganda e la Rai ne sta evidentemente facendo largo uso. Per difendere questa Europa, l'euro e più in generale lo status quo, oltretutto finanziandosi con i nostri soldi.

Come abbiamo spiegato in questo articolo, c'è una corrente di pensiero molto diffusa che ha preso le mosse dal pubblicitario Edward Bernays all'inizio del XX secolo e che riguarda proprio l'uso della propaganda per manipolare le masse. Questa teoria sostiene la non affidabilità delle opinioni del cosiddetto "uomo della strada", ovvero il cittadino comune, e afferma quindi la necessità di manipolarlo ed indirizzarlo, tramite mezzi propagandistici che fanno leva sui suoi desideri e sulle sue paure inconscie, verso scelte decise dall'alto. Così, gli spot pro Europa mandati in onda dalla Rai a ridosso delle Europee sembrano ricalcare perfettamente questa logica. I vincoli, le politiche di austerità, le sanzioni, la sovranità monetaria e politica tolta agli Stati membri, i devastanti Fiscal Compact, TTIP, Fondo di Redenzione europeo, l'Unione Bancaria europea, il disastro sociale in Grecia, i suicidi e la disperazione, tutte questo viene completamente occultato. Al suo posto ci viene presentata una visione idilliaca, in perfetto stile spot Mulino Bianco, in cui l'Unione Europea è "uno spazio di pace e democrazia... un esperimento mai tentato prima e ancora in corso, per continuare a contare nel mondo." Nessun riferimento, ovviamente, al fatto che tutte le decisioni importanti in Europa vengono prese sopra la testa dei popoli, mai consultati; nessun riferimento alla guerra finanziaria e commerciale in atto e nessun riferimento alle cosiddette missioni di pace in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria, ecc. Evidentemente allora il fine che si tenta di perseguire tramite questi spot non è quello di informare, bensì quello di persuadere, di convincerci che questa Europa costruita senza mai ascoltare i popoli sia effettivamente quella che tutti sogniamo.

Nascondendo i fatti, proponendo un'immagine a senso unico, fatta di sorrisi e gioia, il sistema tenta disperatamente di autoconservarsi e di delegittimare ogni voce di dissenso, a maggior ragione oggi che siamo a un passo dalle fondamentali elezioni europee del 25 maggio. Ma per fortuna tutti ormai abbiamo modo di informarci autonomamente, e se la Rai ci nasconde completamente ciò che non fa comodo a certi poteri, non per questo noi ne ignoriamo l'esistenza. Cara Rai, rassegnati: quei tempi sono finiti.

sabato 10 maggio 2014

Uscire dall'euro? Il problema è solo uno


In questo post vi avevamo raccontato dell'eurodeputata tedesca Ska Keller, che nell'ultima puntata di Ballarò non si è fatta alcun problema ad ammettere che effettivamente l'euro dà immensi benefici all'economia tedesca e che un'eventuale uscita dell'Italia dalla moneta unica causerebbe una drastica riduzione delle esportazioni tedesche, in favore di quelle italiane. Insomma, uscire dall'euro sembra ormai la mossa più scontata che l'Italia possa fare, come tra l'altro sostengono numerosi premi Nobel e docenti universitari italiani e stranieri. In questo articolo vedremo proprio quali sono i principali vantaggi di cui beneficeremmo in seguito a tale decisione, confutando tutti quegli scenari apocalittici che ci vengono quotidianamente propinati dalla nostra cara stampa di regime. 

Innanzi tutto bisogna considerare che l'euro è lo strumento per mezzo del quale l'Unione Europea può imporci di attuare le sue politiche di austerity, che consistono in sempre più tasse e sempre meno spesa pubblica. Le conseguenze di queste politiche le viviamo sulla nostra pelle, la loro dannosità è già stata ampiamente dimostrata (per esempio da questo studio) ed è ormai sostenuta da qualsiasi economista onesto (noi ne parlammo in questo post che vi invitiamo a rileggere), quindi evitiamo di tornare sull'argomento in questa occasione. Il punto fondamentale da tener presente però è che solo uscendo dall'euro avremmo la possibilità di stabilire autonomamente le politiche economiche, monetarie e fiscali del nostro Paese in modo da direzionarle verso il soddisfacimento dell'interesse pubblico di tutti i cittadini. Finché non riacquisteremo la nostra sovranità saremo invece costretti ad attuare quelle politiche manifestatamente a favore della finanza e contro i più elementari diritti umani e sociali dell'uomo.

L'argomento appena richiamato dovrebbe essere di per sé già abbondantemente sufficiente a risvegliare lo spirito critico, o perlomeno l'istinto di sopravvivenza, dei più. Tuttavia, il torpore mediatico al quale siamo incessantemente sottoposti esercita sulle nostre coscienze un potere che non finirà mai di stupirci (sull'argomento è fondamentale la lettura di questo articolo), quindi andiamo a vedere quali sono gli altri benefici concreti che otterremmo dall'uscita dall'euro.

Dovete sapere che l'euro è a tutti gli effetti una moneta estera e quindi essa non è affatto commisurata alle dimensioni e allo stato dell'economia italiana. Proprio per questo, il primo e più immediato vantaggio che si otterrebbe dal ritorno ad una valuta nazionale (d'ora in poi supporremo si chiami Lira) è che questa si adeguerebbe automaticamente, per mezzo del meccanismo della domanda e dell'offerta, alla nostra economia. A questo punto gli economisti da talk show diranno: "Ah, ma è scorretto, son buoni tutti a svalutare!". Beh, a questi vorremmo far notare che svalutazione e rivalutazione sono due facce della stessa medaglia, e la svalutazione della Lira non sarebbe affatto arbitraria come vorrebbero farci credere, bensì sarebbe causata dai naturali andamenti di quello stesso libero mercato che normalmente difendono a spada tratta. L'unico meccanismo arbitrario in realtà è proprio quello dei cambi fissi, che ci è stato forzosamente imposto tramite l'euro e che impedisce alle singole monete di adeguarsi all'economia che di volta in volta si trovano a rappresentare. 

Chiarito questo importante punto, andiamo a vedere come questa svalutazione della Lira potrà concretamente darci dei vantaggi. In primo luogo una Lira svalutata del 20% rispetto all'euro determinerebbe una corrispondente riduzione del 20% del nostro debito pubblico, dato che potremmo ridenominarlo nella nuova valuta. Va da sè che ciò porterebbe poi ad una riduzione della spesa per interessi, anche e soprattutto grazie al fatto che non dovremmo più andare a bussare ai mercati con il cappello in mano, ma avremmo una nostra banca centrale che si comporterebbe da prestatrice di ultima istanza. Tutti questi soldi risparmiati potranno finalmente essere investiti in qualcosa di produttivo e di utile per la collettività. Va poi aggiunto che dalla svalutazione non deriverebbe alcuno svantaggio per gli italiani che detengono titoli del debito pubblico, al contrario di quanto si sente dire nei salotti televisivi. Il potere d'acquisto di quei titoli infatti resterà del tutto inalterato. Gli unici che ci rimetterebbero qualcosa sarebbero le banche tedesche e francesi in possesso di titoli di Stato italiani, ma ce ne faremmo una ragione. Anzi, considerando i danni che quelle stesse banche hanno causato al nostro tessuto sociale e imprenditoriale, un taglio di solo il 20% del debito sarebbe fin troppo generoso nei loro confronti. 

In secondo luogo una Lira svalutata del 20% renderebbe molto più competitive le nostre esportazioni. Dall'oggi al domani infatti i nostri prodotti verrebbero a costare il 20% in meno ed è facilmente intuibile come questo determinerebbe un fortissimo aumento delle vendite. Tra l'altro l'aumento delle esportazioni non sarebbe dovuto esclusivamente alla svalutazione della Lira, ma anche al fatto che uno Stato dotato di sovranità economica e politica può investire nell'innovazione e nello sviluppo, determinando un miglioramento anche della produttività e della qualità dei prodotti. E' evidente quindi come il combinato di questi due fattori darebbe vita ad un vero e proprio boom delle esportazioni, che comporterebbe a sua volta la nascita di moltissimi posti di lavoro.

Lo stesso discorso può essere ripetuto pari pari anche per quanto riguarda il turismo. Dall'oggi al domani un soggiorno in Italia per uno straniero verrebbe a costare il 20% in meno, e considerando anche l'immenso patrimonio artistico, storico e culturale di cui siamo dotati ciò porterebbe automaticamente ad un boom del turismo nel nostro Paese. Anche qui vale poi il discorso sulla sovranità economica e politica, in quanto fuori dall'euro lo Stato potrebbe investire sui servizi turistici e sulla conservazione del nostro patrimonio, restituendogli finalmente la dignità che merita. Tutto ciò, ancora una volta, determinerebbe anche la nascita di moltissimi nuovi posti di lavoro. 

Riguardo agli argomenti appena presentati, il terrorismo mediatico di solito minaccia che sì le esportazioni aumenteranno, ma che allo stesso tempo sarà più costoso per noi importare dall'estero i prodotti che ci servono. A tal proposito iniziamo subito con il dire che favolette tipo "il prezzo della benzina si moltiplicherà di 7 volte!" sono, per l'appunto, favolette. In  questo post del professor Bagnai, docente di politica economica presso l'Università D'Annunzio di Pescara, si spiega infatti come ad una svalutazione del 20% della Lira corrisponderebbe un aumento del prezzo della benzina alla pompa del 6%. Nulla se paragonato all'aumento del 20% che è avvenuto tra gennaio 2011 e dicembre 2012 sotto la "protezione" dell'euro. Per il resto, gli altri prodotti importati dall'estero effettivamente potrebbero venirci a costare circa il 20% in più, ma questo oltre a non essere un fatto necessariamente dannoso, non è nemmeno necessariamente vero. E' capitato ben più di una volta infatti che importanti imprese pur di non perdere un mercato ampio come quello italiano abbiano deciso di abbassare i prezzi pur di continuare a venderci i loro prodotti. Inoltre, se i prodotti importati venissero a costare più di quelli italiani, probabilmente preferiremmo andare a visitare Roma piuttosto che Berlino e comprare latte italiano piuttosto che tedesco. Ne guadagneremmo in salute, in qualità e, ancora una volta, in nuovi posti di lavoro. 

Infine, per quanto riguarda l'energia, effettivamente quella siamo obbligati a comprarla all'estero e ci verrebbe a costare un 20% in più, ma ciò non determinerebbe assolutamente l'iperinflazione di cui sicuramente avete sentito parlare spesso con esempi particolarmente coloriti (c'è addirittura chi sostiene che dovremmo andare a far la spesa con la carriola, poveri noi). L'aumento del costo dell'energia infatti, considerato il boom delle esportazioni e che non saremmo più obbligati all'austerity, potrebbe essere tranquillamente compensato da una corrispondente diminuzione dell'accise e dell'IVA in bolletta (misure che sarebbero in ogni caso obbligate nel Paese con la più alta pressione fiscale al mondo). Quindi l'aumento del costo dell'energia che importiamo sarebbe assorbito dallo Stato, senza gravare sulle bollette di cittadini e imprese italiane. Anche in questo caso inoltre vanno considerati i vantaggi di medio periodo associati al riottenimento della sovranità politica ed economica. Fuori dall'euro infatti potremmo finalmente dare il via ad una manovra di riconversione energetica che punti realmente sulle rinnovabili e che ci conduca verso l'indipendenza energetica, caratteristica essenziale per qualsiasi Paese sovrano. A tale riconversione ovviamente andrebbe poi affiancato un effettivo finanziamento della ricerca, ed è evidente quindi come anche in questo caso i nuovi posti di lavoro sarebbero tantissimi.  

Insomma, a conti fatti dall'uscita dall'euro abbiamo tutto da guadagnare e nulla da perdere. Da una parte, restando nell'euro, ci aspetta uno scenario fatto di sempre più tasse e tagli e di sempre meno lavoro e diritti (a questo proposito vi consigliamo di leggere questo articolo sul Job Act di Renzi). Dall'altra parte, con la nuova Lira, potremmo finalmente riappropriarci del diritto di avere uno Stato che faccia lo Stato, ovvero di uno Stato che tuteli prima di tutto gli interessi e il benessere dei propri cittadini.

Anzi, in effetti per tutti coloro che preferiscono disinteressarsi alla politica e delegare ogni scelta, un problema forse ci sarebbe in caso di uscita dall'euro: purtroppo per loro a quel punto la responsabilità di decidere come cambiare questo Paese sarà solo nostra, di ognuno di noi, e non potremo più limitarci alle lamentele e al vittimismo. La sovranità infatti, per quanto fondamentale, è solo uno strumento. Se non la esercitiamo noi come popolo, come cittadini, allora continuerà a farlo qualcun'altro, ma non aspettiamoci che lo farà nei nostri interessi. 

La sovranità lasciata alla politica ha creato corruzione, clientelismo, collusioni mafiose e quant'altro. La sovranità lasciata alle banche ha creato l'euro, il Fiscal Compact, il MES, l'austerity e quant'altro. Ecco perchè fuori dall'euro sarà necessario che ognuno di noi si informi e partecipi attivamente alla politica, controllando i propri rappresentanti nelle istituzioni e formandosi uno spirito critico che gli permetta di avere una propria opinione sui temi principali.

In fondo, se ci riflettete, poter finalmente decidere consapevolmente del proprio Paese e della propria vita è quanto di più stimolante e appagante potrebbe capitarci, oltre ad essere l'unica alternativa alla dittatura. 

venerdì 9 maggio 2014

CLAMOROSO: un'eurodeputata tedesca ammette l'euro-trappola e la Rai censura!

Ascoltate attentamente questo breve spezzone di intervista all'eurodeputata tedesca dei Verdi Ska Keller, tratto dall'ultima puntata di Ballarò:


Ora ascoltate invece lo stesso video caricato dal canale youtube della Rai:


Ci rendiamo conto? In meno di un minuto di video abbiamo assistito a ben due fatti gravissimi. Da un lato abbiamo la dichiarazione della Keller, che addirittura ambisce alla guida della Commissione UE, che ammette candidamente che la Germania, senza la moneta unica, perderebbe moltissimi posti di lavoro nel settore delle esportazioni perchè nessuno mai comprerebbe più i carissimi prodotti tedeschi, come riporta anche questo articolo di Libero. E' proprio questo il motivo per cui la Germania sta cercando in tutti i modi di impedirci di uscire dall'euro, per esempio con l'istituzione del Fondo di Redenzione europeo (di cui abbiamo parlato qui), per proteggere l'industria tedesca ai danni di quella, ormai devastata, italiana. Dall'altro lato poi abbiamo la Rai, rete televisiva pubblica a cui paghiamo un canone per essere debitamente informati, che dimostra di essere tutt'altro che indipendente e neutrale, andando addirittura a censurare, a pochi giorni dalle europee, una dichiarazione di tale gravità. Ma se dalla Germania ce lo si poteva aspettare, perchè la Rai dovrebbe mentire così spudoratamente agli italiani su un tema tanto delicato e nevralgico? Ricordiamo, per la cronaca, che l'unico partito influente pro moneta unica rimane il PD, che tra l'altro è lo stesso partito che ci fece entrare in questa trappola con il Governo Prodi. Lasciamo a voi le considerazioni su questo.

Ma andiamo adesso a spiegare brevemente perchè effettivamente la Germania trae enormi vantaggi dall'euro, anche a nostre spese. Come  avevamo approfondito in questo articolo, l'euro ha influito in modo tragico sulla competitività delle aziende italiane, perchè il cambio fisso impedisce all'automatico meccanismo riequilibratore della svalutazione del cambio (che non è arbitraria, ma determinata dal mercato) di compensare cali nelle esportazioni grazie a un deprezzamento della valuta. Non bisogna poi dimenticare che l'euro è una moneta più forte della nostra vecchia lira, ma più debole del vecchio marco, quindi costituisce per la nostra economia una rivalutazione, e per l'economia tedesca una svalutazione, entrambe costanti data la fissità del cambio. Ciò ha comportato un aumento di competitività dei beni tedeschi, che prima dell'euro erano spesso troppo cari per le nostre tasche. Un cambio fisso molto favorevole alla Germania le ha permesso quindi di incrementare enormemente le esportazioni, soprattutto verso gli altri Paesi dell'Unione Europea, grazie al mercato unico. 

Il mercato unico è il mercato interno dell'Unione Europea istituito nel 1993. Spesso ci è stato presentato quasi esclusivamente in una delle sue quattro dimensioni, cioè la libera circolazione delle persone all'interno dell' Unione Europea. Bisogna però sapere che nei corsi di Diritto dell'Unione europea, questa dimensione viene presentata come quella marginale rispetto alle altre tre: libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali. In particolare, la libera circolazione delle merci è il punto cardine e caratteristico del mercato unico europeo, che non consente agli Stati alcun tipo di limitazione, dazio o barriera doganale nei confronti di prodotti provenienti da uno qualsiasi degli altri Stati membri. 

L'incredibile competitività acquisita dai prodotti tedeschi con l'euro, insieme al mercato unico che permette alla Germania di inondarci letteralmente e senza limitazioni con i suoi prodotti, sta distruggendo il nostro tessuto manifatturiero e la nostra domanda interna. Siamo spesso abituati a pensare che i prodotti tedeschi siano più di qualità dei nostri, e spesso è veramente così, almeno in ambito automobilistico, meccanico ed elettronico. Il problema è che prima dell'euro i nostri prodotti, seppur qualitativamente inferiori, costavano meno rispetto a quelli tedeschi, quindi c'era un gran numero di persone che li comprava. Con l'euro invece, a parità di prezzo, comprensibilmente il consumatore sceglie il prodotto più di qualità. Ciò causa un crollo della nostra domanda interna a favore delle importazioni, che a sua volta comporta la chiusura di aziende italiane, la conseguente perdita del lavoro dei dipendenti e quindi un ulteriore calo della domanda interna, in un circolo vizioso senza fine.

Teniamo presente poi che a causa dei rigidi vincoli europei non è possibile per l'Italia investire in innovazione e tecnologia, perchè non è possibile per lo Stato investire in generale. Questo perchè deve tendere al pareggio di bilancio, oltre che, dal prossimo anno, ridurre il debito di 50 miliardi di euro all'anno. Tra l'altro non è dato sapere come e dove potremo trovare questi soldi, dal momento che la pressione fiscale è già alle stelle, e anche in quanto a tagli la situazione non è delle più rosee (per approfondire sul tema del Fiscal Compact, puoi trovare qui e qui articoli in cui ne abbiamo parlato). Al contrario la Germania, che continua ad accumulare surplus commerciali proprio per i motivi legati al cambio fisso di cui abbiamo già parlato, può permettersi di investire in ricerca e sviluppo per cifre ben oltre la media europea (2,6% del PIL contro l'1,9% della media europea) e quindi incrementare ulteriormente lo squilibrio tra forze produttive.

L'unico modo per cercare di riacquisire un briciolo di competitività in questo sistema rimane quindi agire sul costo del lavoro per le imprese, abbassando il più possibile i salari e riducendo al minimo i diritti dei lavoratori. Va chiaramente in questa direzione il Decreto Poletti di Renzi, che porta ad una legittimazione del precariato senza precedenti nel nostro Paese. Abbiamo evidenziato in questo articolo le tragiche conseguenze a cui andiamo incontro con questi provvedimenti, verso una lotta tra poveri che ci spingerà ad accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi retribuzione, indipendentemente da interessi e predisposizione personale, con un orizzonte temporale limitato al massimo a tre anni, al termine dei quali ricomincerà la guerra con l'esercito di disoccupati, tutti disposti ad accettare qualsiasi lavoro pur di sopravvivere. Siamo con l'acqua alla gola, e la disoccupazione non calerà affatto legittimando il precariato a vita.

Ormai rischiamo di essere ripetitivi, ma è evidente che in questo sistema non potremo mai più risollevarci. Rimanere in Europa ha senso solo se questa deciderà di ristabilire i valori di una comunità, in cui i popoli si aiutano tra loro, non si fanno la guerra. Se non è combattuta con bombe e pallottole, ma a colpi di spread, vincoli e sanzioni è pur sempre una guerra, e dobbiamo renderci conto che troppe persone già ne hanno fatto le spese. E andrà sempre peggio se non pretendiamo che questa Europa, che ha deciso un'Unione monetaria insensata quando ancora non è nemmeno lontanamente un'Europa politica di comunione tra i popoli, cambi, e in fretta. Perchè altrimenti l'unica soluzione, peraltro auspicabile, è certamente riacquistare la nostra sovranità nazionale uscendo dall'euro. Non dobbiamo dimenticare che l'Italia, pur martoriata sia da una classe politica di disonesti che da un'Europa portatrice di rigore e morte, è sempre l'Italia, il terzo finanziatore dell'Unione Europea, la nona potenza mondiale. Abbiamo eccome voce in capitolo. Il 25 maggio facciamoci sentire.