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sabato 29 marzo 2014

Ecco perché Renzi è più pericoloso di Berlusconi




La retorica è la disciplina che si occupa di studiare ed analizzare un'ampia gamma di tipologie di discorsi pubblici, da quello etico a quello giurdico a quello politico. Tuttavia, è proprio a quest'ultimo ambito che essa rivolge maggiore attenzione, considerata la profondità dell'impatto che le scelte politiche hanno sulle vite di un vastissimo numero di individui.

In particolare, secondo Aristotele, il discorso politico deve sottostare ad una precisa etica della comunicazione, secondo la quale il logos (la componente più razionale del discorso, ovvero quella che attiene ai problemi concreti da affrontare e propone le soluzioni per farvi fronte) deve avere un'importanza preponderante rispetto all'ethos (che basa il consenso sulla personalità, l'attendibilità, la simpatia, ecc... di chi pronuncia il discorso) e al pathos (che tenta di attrarre consenso suscitando emozioni nell'uditorio). Tali regole non valgono invece, per esempio, nel discorso pubblicitario, dove è ritenuto accettabile che la razionalità sia sacrificata alle emozioni e al culto del marchio. 

Per fare un esempio, se una pubblicità afferma che un determinato yogurt è il più buono del mondo, senza però portare ragionamenti razionali a sostegno di tale tesi, nessuno dovrebbe scandalizzarsi perchè sappiamo bene che il solo fine di uno spot pubblicitario è quello di vendere il prodotto sponsorizzato. Se invece un politico si proponesse come risolutore di una crisi o salvatore della patria, ma senza portare ragionamenti razionali a supporto della sua tesi, l'uditorio dovrebbe pretendere che questi gli siano forniti, per poter essere nelle condizioni di decidere consapevolmente.

Andiamo quindi a vedere come Berlusconi e Renzi, i due grandi maghi della comunicazione politica in Italia, si approcciano al discorso politico.

Partendo da Berlusconi, fin dalla famosa scesa in campo nel '94, egli si è sempre opposto al politichese che aveva contraddistinto i discorsi politici della Prima Repubblica. La sua comunicazione si serve di parole comprensibili a tutti, non colte o volte ad impressionare gli ascoltatori. I suoi discorsi sono destinati all'individuo comune, a cui il messaggio appare immediatamente comprensibile. In questo modo Berlusconi riesce a trasmettere un senso di naturalezza e spontaneità, che però nasconde una vera e propria batteria di tecniche retoriche che adopera intenzionalmente per far presa sull'uditorio (tra queste le più frequenti sono senza dubbio l'anafora, il poliptoto e la metabole, ma qui preferiamo non dilungarci spingendoci in un'analisi troppo tecnicistica). 

Senza dubbio l'utilizzo di un vocabolario semplice e comprensibile da tutti è un fattore positivo per una politica che dovrebbe coinvolgere il cittadino. Tuttavia il discorso politico di Berlusconi si caratterizza anche per un altro aspetto: la mancata argomentazione dei temi affrontati. Si tratta di una retorica assertiva, non argomentativa. Berlusconi non tratta i pro e i contro delle questioni, ma presenta le sue tesi come le uniche valide, evitando di entrare nella problematicità delle cose. Si pensi per esempio all'identificazione dell'avversario politico come minaccia da scongiurare (il comunismo sta arrivando!) e all'invocazione del sè come guida politica degna di fiducia in quanto imprenditore economico di successo (come se le abilità negli affari fossero mezzo di prova e garanzia della capacità di assolvere un compito squisitamente politico). Questi sono elementi che Berlusconi proclama come verità scontate, da prendere in quanto tali.

Per quanto riguarda Renzi, come Berlusconi si oppone apertamente al politichese e utilizza termini più semplici e comprensibili possibili rivolgendosi direttamente al cosiddetto italiano medio. Anche Renzi inoltre riesce a trasmettere un senso di naturalezza e sponteneità che, come si è detto poco più su, nasconde l'utilizzo di precise tecniche retoriche volte a far presa sul pubblico. 

Ciò che invece distingue la retorica renziana da quella berlusconiana, e con tutta probabilità ne rappresenta un'evoluzione, è che essa non si ferma a non argomentare le tematiche proposte. Nei discorsi di Renzi infatti si fatica addirittura ad individuare quali siano le sue tesi, in quanto queste mancano di qualsiasi concretezza, trasformandosi in concetti astratti come l'ottimismo, la fiducia, la passione e la speranza. Sono questi gli unici punti fermi del discorso politico di Renzi, mentre ogni altro tema, come la necessità per un governo legittimo di passare dalle elezioni o la rottamazione mai avvenuta (vedi D'Alema), viene progressivamente abbandonato, finchè il pubblico finisce per dimenticarsene, estasiato dalla promessa dell'ultima ora. Come detto per Berlusconi quindi, anche per Renzi non si tratta di una retorica argomentativa. La grande differenza però è che nel caso di Renzi non solo non si trattano i pro e i contro delle questioni, ma perfino le questioni stesse passano in secondo piano e non vengono trattate.

A questo punto appare chiaro come sia Renzi che Berlusconi non si attengano all'etica della comunicazione prescritta da Aristotele. Ciò che però ci fa dire che con Renzi vi è stata un'ulteriore degenerazione del discorso politico, che è ormai assimilabile a quello pubblicitario, è che con Berlusconi ancora resiste la possibilità di affrontare un dibattito sui temi avanzati (se non sei d'accordo che tutti i magistrati siano comunisti, o che un buon imprenditore debba per forza di cose essere un buon politico, puoi opporti e dimostrare razionalmente che tali tesi sono infondate). Con Renzi questa possibilità invece sparisce definitivamente, perchè concetti astratti come l'ottimismo e la speranza non possono essere contraddetti o messi in discussione. Nessun ragionamento razionale può dimostrare o invalidare concetti che, per definizione, non sono razionali. E' questa la nuova e grande forza persuasiva di Renzi.

Inutile dire che un approccio alla politica come quello di Berlusconi e Renzi è incredibilmente pericoloso in un periodo di crisi ed emergenza come quello che viviamo. Oggi come non mai, infatti, sarebbe necessario affrontare i problemi reali che affliggono il nostro Paese e tentare di offrire soluzioni concrete. Deviare il discorso politico da tali questioni per spostarsi nel campo dell'ideologia e dei luoghi comuni è un vero e proprio crimine.

L'unico modo che abbiamo per costringere la politica ad occuparsi degli enormi problemi dell'Italia, e a farlo nell'interesse dei cittadini, è quello di andare oltre i bei discorsi e le belle parole. Quando sentiamo parlare i nostri politici, domandiamoci prima di tutto quali sono le tesi e le argomentazioni concrete che ci vengono proposte, abbondonando la superficialità che ha permesso e continua a permettere a personaggi di questo genere di dominare la scena politica italiana. Basta!

Dobbiamo ripristinare un controllo diretto ed effettivo sulle scelte e le azioni della politica. Solo quando le azioni sostituiranno le parole vuote e la comunicazione lascerà il posto all'informazione potremo finalmente iniziare a costruire un'Italia finalmente al servizio dei cittadini e della giustizia.

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