Ieri l'Istat ha pubblicato le sue stime preliminari sul Pil italiano. Come vi avevamo già più volte anticipato, nonostante governo e media continuassero a rassicurarci e a dirci che la ripresa era vicina, questione di centimetri, le cose vanno tutt'altro che bene.
Non si tratta di essere catastrofisti, altrimenti dovremmo accusare anche l'Istat di essere pieno di gufi e rosiconi, ma poverini, loro che colpa ne hanno se la nostra economia va a rotoli? Qui si tratta di guardare in faccia la realtà. I dati ci dicono che anche nel secondo trimestre del 2014 il Pil è sceso, come accaduto nel primo trimestre di quest'anno. Ma la situazione è addirittura peggiorata. Se nel primo trimestre il Pil subì una variazione negativa del -0,1%, in questo trimestre ha registrato una variazione del -0,2%. Quindi, nel 2014, siamo ad una variazione acquisita del PIL del -0,3%. E questo nonostante una certa stampa, in seguito alla pubblicazione dei dati Istat relativi al primo trimestre di quest'anno, continuasse a dirci che le cose sarebbero cambiate con gli 80 euro di Renzi. Ora lo potete constatare con i vostri occhi: avevamo ragione noi (qui il nostro commento al precedente bollino Istat). Ci teniamo a precisarlo perchè abbiamo capito che molte persone ancora faticano a credere che i media tradizionali e i nostri governanti possano mentirci, o almeno sbagliarsi, così speriamo che se sei tra questi, una volta messo davanti all'evidenza, tu possa perlomeno porti il dubbio.
In questo articolo avevamo spiegato perchè con i vincoli comunitari, sempre più stringenti soprattutto a partire dall'anno prossimo con Fiscal Compact e pareggio di bilancio, la crescita è e sarà sempre tecnicamente impossibile. In questo articolo vi avevamo dimostrato che l'euro, per come strutturato adesso e con i rapporti di forza attualmente vigenti all'interno dell'UE, non solo è collegato all'austerità, ma addirittura la implica (e quindi che chiunque venga a dirci che prima o poi i tedeschi si ammorbidiranno spontaneamente è un bugiardo o un illuso). Infine, in quest'altro articolo, vi avevamo spiegato perchè tagliare la spesa pubblica non equivale ad abbassare le tasse e tanto meno ad avvicinarsi alla crescita, anzi.
Il primo passo verso la soluzione dei problemi non può che essere l'analisi delle loro cause. Solamente capire qual è la vera origine della crisi che stiamo vivendo può darci qualche speranza di trovarvi una soluzione e farci smettere di subire passivamente tutto ciò che ci piove sulla testa. Sintetizzando ciò che abbiamo scoperto finora (ma in ogni caso vi invitiamo di cuore a leggere con attenzione perlomeno gli articoli linkati sopra) si ottiene che la depressione economica e sociale di cui siamo vittime non dipende affatto da una nostra inferiorità antropologica e intellettuale o dai nostri conti pubblici. Abbiamo scoperto che i tedeschi non sono migliori di noi perchè più belli, intelligenti e precisi, ma semplicemente perchè dal 2003 in poi hanno attuato una riforma del mercato del lavoro che di fatto ha determinato un annichilimento dei diritti dei lavoratori in Germania. Mentre nel resto d'Europa i salari reali sono aumentati, tra il 2000 e il 2010, del 5,5%, in Germania i salari reali sono rimasti stazionari. Non si sono mossi di una virgola. I salari nominali invece, sempre nello stesso periodo, in Germania sono aumentati appena dell'11% contro il 27% della media europea. E indovinate un po': per rendere accettabile alla popolazione una tale scelta politica il governo è stato costretto a spendere, e molto, nello Stato sociale. Se andiamo a vedere i dati infatti, possiamo agevolmente constatare che la Germania fu il primo Paese a venir meno alle regole di Maastricht quando, tra il 2002 e il 2005, sforò per ben 4 anni consecuitivi il tetto del 3% del deficit pubblico. Ed ecco sfatato anche il mito dei tedeschi perfettini e degli italiani buzzurri.
In pratica, il modello tedesco che adesso sta venendo imposto in tutta Europa (o tramite governi nominati da Bruxelles o tramite un commissariamento diretto) non è quello della prosperità e del benessere dei popoli che i padri fondatori dell'Unione Europea avevano in mente. Al contrario, la politica economica e industriale tedesca ha sfruttato la distruzione dei salari dei propri lavoratori per rendere più competitivi all'estero i propri prodotti (meno paghi i lavoratori, e più potrai abbassare il prezzo di ciò che producono). E come se non bastasse è stata proprio questa politica mercantilista tedesca a produrre l'attuale catastrofe economica che pesa sull'intera eurozona. Siccome mentre la produttività tedesca aumentava, i salari reali in Germania restavano costanti, gran parte della produzione tedesca non poteva essere venduta all'interno del mercato tedesco (banalmente: se tutti guadagnano poco, poi chi compra?). Questo eccesso di produzione è quindi stato riversato nel mercato unico, su tutte le altre economie dell'eurozona, compresa quella italiana, e dato che i prodotti tedeschi erano molto più competitivi per i motivi di cui si è detto poco più su ecco la distruzione del nostro apparato produttivo, di quello greco, di quello francese, eccetera. Considerando poi che l'euro ci ha trascinati in un regime a cambi fissi, e quindi impedisce la normale funzione riequilibratrice del mercato dei cambi (le temutissime svalutazioni e rivalutazioni per intenderci), è evidente che non esiste più alcun ostacolo all'accentuamento di tali squilibri commerciali, che infatti continuano incessantemente ad accentuarsi sotto ai nostri occhi insieme alla recessione economica che inevitabilmente ne consegue.
Ma non è finita: c'è di peggio. Mentre in Germania i lavoratori che con i minijob lavorano per 400 euro al mese hanno diritto a dei sussidi e ad uno Stato sociale all'altezza, nel resto d'Europa questo non è concesso. Sapete, gli svantaggi di essere la periferia. Quindi, per inseguire i cugini tedeschi e diventare più "competitivi", non solo dobbiamo precarizzare i lavoratori e deregolamentare a più non posso il mercato del lavoro, ma non possiamo neppure offrire loro alcuna tutela economica e sociale perchè abbiamo un debito pubblico troppo elevato. Poco importa se anche la Germania, per finanziare le stesse manovre, era venuta meno alle regole di Maastricht per ben 4 anni consecutivi. E importa ancor meno ai nostri governanti il fatto che in ogni caso abbassare i salari più degli altri ed essere più competitivi degli altri non è mai una condizione duratura e strutturale, ma si traduce semplicemente in una gara continua al ribasso, che se il modello tedesco riesce definitivamente a imporsi contraddistinguerà le politiche economiche di tutti i Paesi dell'eurozona da qui fino alla notte dei tempi. Insomma, dal lato tedesco non se ne esce.
Quindi cosa vogliamo fare? Lasciarci ancora prendere in giro? Tenete presente che con i dati pubblicati oggi dall'Istat una manovra correttiva ad ottobre si è ormai resa necessaria, e c'è da scommettere che avrà una consistenza ben superiore ai 20 miliardi. In pratica Renzi dovrà fare ciò che ha fatto Monti, forse anche peggio, e non ci stupirebbe se da Bruxelles venisse mandato un altro esecutivo tecnico che badi unicamente a racimolare questi soldi, senza alcun vincolo e legittimità democratica. Staremo a vedere. Ciò che è certo è che se rinunciamo a cercare la verità ed accettiamo il modello tedesco per come ci viene presentato, senza nemmeno sforzarci di provare ad immaginare un piano "B" per l'Europa (e noi qualche idea ce l'avremmo), ci aspettano decenni molto bui.
Oggi intanto è stata richiesta dalla solita feccia ai vertici europei la rinuncia alla sovranità nazionale.
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