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lunedì 28 aprile 2014

Fondo di Redenzione Europeo: da Bruxelles l'estrema unzione all'Italia

 

Ricordate il Fiscal Compact, quel trattato europeo che ci costringerà a riportare il nostro rapporto debito pubblico/PIL sotto al 60% entro 20 anni? Se non lo ricordate andatevi a rileggere questo vecchio articolo, perchè tra non molto potrebbe ridurci così.

Bene, siccome a Bruxelles possono essere accusati di tutto meno che di essere degli sprovveduti, hanno già messo in conto che difficilmente Paesi fortemente indebitati come l'Italia riusciranno ad onorare gli impegni presi con il Fiscal Compact. D'altronde si tratterebbe di tagliare circa 50 miliardi di euro all'anno per 20 anni, per un totale di oltre 1.000 miliaredi di euro, una cifra astronomica se si considera che la famigerata manovara "lacrime e sangue" di Monti, nel 2011, tentava di racimolare "appena" 30 miliardi di euro.

Rispettare il Fiscal Compact vorrebbe dire, ogni anno per 20 anni, nuovi tagli alla spesa pubblica, servizi più scadenti, ulteriori privatizzazioni e svendite del patrimonio pubblico e, dulcis in fundo, nuove e sempre più pesanti tasse. Quale governo verrebbe democraticamente eletto per adottare misure simili? Nessuno, ed ecco perchè nessuno, specie Renzi, pare intenzionato a parlare di Fiscal Compact proprio a ridosso delle elezioni europee. Ed è per lo stesso motivo che l'UE non si fida ed ha fatto preparare da una squadra di 11 esperti uno strumento che obblighi gli Stati ad attuare le politiche desiderate da Bruxelles, deresponsabilizzando così i governi di volta in volta chiamati ad adottare quelle misure impopolari e distruttive.

La proposta era stata inizialmente formulata dal Consiglio degli esperti economici della Cancelleria tedesca Angela Merkel (ma guarda un po'...) ed è successivamente stata ripresa dalla Commissione Europea che, come si è detto, ne ha affidato l'analisi ad una squadra di 11 esperti, che ha sostanzialmente fatto propria la proposta originaria tedesca. 

Giusto per darvi un'idea, tra gli 11 economisti che sono stati nominati a decidere delle nostre vite dalla Commissione Europea vi erano personaggi come Belén Romana, attualmente amministratore delegato della Sareb, la “bad bank” cui sono stati conferiti gli asset tossici del settore immobiliare iberico, e Beatrice Weder di Mauro, proveniente dal Fmi e oggi nel board della ThyssenKrupp (capace di meschinità come questaquesta) ed in quello di Hoffman-La Roche, società farmaceutica che ha recentemente danneggiato il nostro Sistema Sanitario Nazionale per 400 milioni di euro in questo modo

Ma entriamo più nel dettaglio di questo nuovo abominio partorito dalle feconde menti dei tecnocrati di Bruxelles, emblematicamente denominato Fondo di Redenzione Europeo o ERF. Il concetto è chiaro: ci sono dei popoli, specie del sud Europa, che sono cattivi ed immorali perchè hanno accumulato un debito pubblico troppo elevato, ed ora devono espiare le proprie colpe a suon di tagli e tasse. Ovviamente tutto questo discorso non ha senso, in quanto il debito pubblico in realtà esprime la ricchezza di una nazione ed è necessario per la sua crescita (come abbiamo visto qui). E' stata la stessa UE infatti a trasformarlo in una vera e propria minaccia in grado di giustifcare le manovre più antidemocratiche e impopolari, prima fissando il limite massimo del rapporto debito pubblico/PIL al 60% (parametro che non ha alcun senso dal punto di vista economico) e poi costringendoci ad utilizzare l'euro, che è a tutti gli effetti una moneta straniera (funziona così).

Comunque, l'ERF, come ci spiega questo articolo del Foglio, funziona così: tutti i Paesi con un rapporto debito pubblico/PIL superiore al 60% dovranno versare, all'interno di questo fondo, la parte di debito eccedente al 60%. In seguito l'intero ammontare del fondo verrà piazzato sui mercati finanziari, quasi sicuramente a tassi di interesse più bassi rispetto a quelli che l'Italia paga attualmente, ma a condizioni rigidissime. Ogni Paese che partecipa al fondo si vedrà prelevare dal proprio gettito fiscale, ogni anno ed in modo automatico per 20 anni, da parte dell'UE, una quota pari a un ventesimo di quanto versato nel fondo e, come se non bastasse, ogni Paese dovrà dare a garanzia del fondo il proprio patrimonio pubblico e le proprie riserve auree e valutarie.

Si tratta di un vero e proprio "pilota automatico", come lo ha definito il professor Rinaldi, tra i massimi esperti del settore, in questa intervista. L'Italia parteciperà all'ERF con la quota più grande, circa il 40% dell'intero fondo, avendo un eccedenza di debito pubblico oltre i 1.000 miliardi di euro. Questo vuol dire che per 20 anni, ogni anno, 50 miliardi di euro verrano prelevati automaticamente dalle nostre tasse e se non si sarà in grado di versare l'intero importo la riduzione del debito avverrà attraverso la vendita dei beni patrimoniali seguendo la logica del curatore fallimentare, unicamente orientata a soddisfare i diritti del creditore. Potremo essere privati di istruzione, sanità, pensioni, asset strategici fondamentali come ENI, Finmeccanica e ENEL, nonchè delle nostre riserve auree e valutarie senza che nessuno possa opporsi.

Ma l'aspetto più inquietante di questo ERF probabilmente è un altro. Attualmente il nostro debito, anche se di fatto espresso in una moneta straniera (l'euro), è ancora sotto la giurisdizione italiana e quindi in caso di uscita dall'euro potremmo convertirlo nella nuova valuta nazionale (per esempio la Lira). Al contrario, con il Fondo di Redenzione Europeo invece il nostro debito passerebbe sotto la giurisdizione internazionale e non sarebbe più possibile convertirlo in valuta nazionale. L'Italia perderebbe ogni sovranità!

C'è da scommettere che l'iter decisionale sull'applicazione dell'ERF inizierà appena dopo le elezioni europee del 25 maggio. Per questo molti nostri politici oggi fanno finta che il Fiscal Compact e l'ERF non siano problemi prioritari per l'Italia ed evitano il dibattito, perchè ora è troppo presto per parlare di questi argomenti critici, perchè ora è tempo di guadagnare voti e riempire il Parlamento Europeo di servi del capitale. Solo poi si potrà, o meglio si dovrà, parlare dei tagli e delle tasse a cui ci obbliga Bruxelles, come sempre a giochi fatti. Allora non ci dobbiamo stupire se Matteo Renzi si dà alla fuga quando un blogger prova a porgli una domanda sull'ERF come si vede nel video qui sotto:


Come ogni altro progetto di stampo criminale perseguito dalla Commissione Europea in questi anni, anche questo diventerà realtà se non faremo nulla per impedirlo. Il sistema dell’euro, tanto antidemocratico quanto antipopolare, procede imperterrito per la sua strada e ci prospetta, con l'ERF, 20 anni di stenti, miseria e disoccupazione. Solo noi possiamo realmente ‘redimerci’, riscattarci come popolo dai partiti complici di banche e grande finanza. O ci si batte per il recupero della sovranità nazionale, inclusa quella monetaria, o sarà inutile, o ancor peggio ipocrita, lamentarsi della catastrofe sociale cui siamo diretti. Non abbiamo più scuse.

sabato 26 aprile 2014

Prima di festeggiare la liberazione, conquistiamola!


Ieri abbiamo festeggiato il 25 aprile, 69 anni dopo la fine dell'occupazione tedesca in Italia. Molti di noi hanno felicemente trascorso la giornata a casa dal lavoro, come un meritato giorno di festa. Ma molti altri, circa 3,3 milioni, hanno trascorso la giornata a casa dal lavoro, ma non perchè fosse festa. Per loro purtroppo è stata una giornata come le altre. 

Il mondo come lo conosciamo, il nostro Paese come lo conosciamo, stanno andando a rotoli. Ieri abbiamo festeggiato la liberazione dell'Italia dagli invasori, e sembra così lontano il 1945, ma non è mai stato così vicino. Pertini, nel suo celebre discorso del 25 aprile, tuonava: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. 69 anni fa il nemico era riconoscibile, la causa di crudeltà, miseria, fame e stenti era solo una: la guerra. Gli eroi di quegli anni hanno combattuto per le loro terre, per le loro famiglie, per la loro libertà. Gli eroi dei nostri anni devono combattere per le stesse ragioni. 

Oggi non siamo in guerra, oggi apparentemente viviamo in pace, in un Paese civile, grazie al sacrificio e al sangue dei nostri avi, che sono morti per donarci la libertà. Ma memori di questo sacrificio non possiamo ignorare che la pace è un'illusione, in una società in cui non abbiamo il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. La pace è apparente, perchè volendo possiamo chiudere gli occhi, non guardare oltre il nostro naso e decidere che non ci interessa in cosa consistano le cosiddette "missioni di pace" in cui l'Italia è impegnata. 

La tanto decantata civiltà che abbiamo raggiunto è apparente anch'essa, perchè una società che non si preoccupa del povero, del debole, dell'ultimo, ma insegue solamente logiche di profitto e opportunismo, è una giungla in cui vige solamente la legge del più forte. In cui un barbone disperato ai bordi della strada suscita solo fastidio, come la tessera sbagliata di un puzzle, perchè non si incastra nel mondo che hanno costruito per noi, in cui è degno di ammirazione solo chi possiede cose, denaro. In questa logica un personaggio pubblico come la responsabile della giustizia nella segreteria del Pd, Alessia Morani, può permettersi di dire che chi non ha reddito non ha combinato nulla nella vita. In questa società milioni di Italiani ancora donano il loro voto a un pregiudicato, perchè nonostante tutto è stato capace di costruirsi un impero praticamente dal nulla, e continua a suscitare ammirazione e rispetto in molti proprio in virtù di questo.

Nella nostra società anche la libertà è ormai solo apparente, quella libertà per cui sono morti i nostri genitori e i nostri nonni. Oggi la guerra è molto più sottile, abilmente mascherata, e non si combatte solo fuori dai nostri confini. Vi è un'altra guerra che è fatta a spese dei popoli e delle loro sovranità. Oggi il regime europeo impone il rispetto di parametri totalmente arbitrari, che impediscono agli Stati di attuare qualsivoglia politica seria di aiuto e di rilancio della propria economia. Siamo stati privati della sovranità monetaria ed economica, perchè ci è stata imposta dall'alto una moneta straniera, totalmente sbagliata per la nostra economia, in perenne rivalutazione, che ci ha condannati ad essere sempre meno competitivi, soprattutto rispetto ai nostri cugini tedeschi, che si sono invece visti regalare con l'euro una svalutazione perenne rispetto al vecchio marco. La competizione, in un sistema di cambi fissi, è attuabile solo a ribasso sui salari dei lavoratori, sempre più magri.

L'Europa, nata come un progetto di unione, armonia, pace, reciproco aiuto, si è trasformata solamente in un'altra giungla, ancora più intricata e selvaggia, in cui i popoli lottano gli uni contro gli altri, in cui guadagnano solo le elites finanziarie, a spese dei cittadini comuni. Mentre nell'alta finanza si specula e si guadagna anche sul fallimento di un Paese, il popolo è alla fame, la domanda interna è in continua decrescita a causa delle sempre maggiori tasse imposte dalle misure di austerity, a cui si affiancano gli ingenti tagli ai servizi e al patrimonio pubblico, sempre più alti, per fare cassa e ripagare un debito, costituito quasi esclusivamente da interessi, che si potrebbe ripudiare anche domani.

Prima del totale fallimento dell'Europa che ci siamo abituati a conoscere, è ora che noi tutti facciamo lo sforzo di uscire dal famoso tunnel. E' sempre più profondo, e andrà sempre peggio, finchè non ci riprenderemo in mano il nostro futuro. Come fare? Innanzi tutto, con la consapevolezza che le cose non vanno come devono andare. La direzione è sempre più chiara, se oggi a molti di noi sembra già di aver toccato il fondo, dobbiamo ricordarci che non c'è limite al peggio. Ogni giorno in più trascorso sulla via sbagliata ci avvicina alla rovina. Le prossime tappe sono per esempio il Fiscal Compact, che ci condannerà a morte, obbligandoci a trovare ogni anno circa 50 miliardi di euro da tagli e nuove tasse per ripagare il debito (abbiamo approfondito l'argomento in questo articolo). Anche il Jobs Act di Renzi, se attuato, porterà a conseguenze catastrofiche per noi cittadini, dato che ci condannerà a vita al precariato, e quindi all'incertezza e alla schiavitù della competizione tra poveri, in cui ci costringeranno ad accettare qualsiasi lavoro per sopravvivere, per poi scaricarci dopo 3 anni al massimo, cioè al termine del periodo in cui non sarà previsto nessun tipo di tutela per il lavoratore dal licenziamento (ne abbiamo parlato in questo post).

Ma alla consapevolezza non deve far seguito la rassegnazione. Se le cose vanno sempre peggio, sta a noi provare a cambiarle. Un'alzata di spalle non ci salverà a lungo dal disastro. Oggi è arrivato il momento di scegliere, è finito il tempo delle false promesse, delle incoerenze, delle bugie, dei vecchi partiti. Ed è finito il tempo del disinteresse e dell'accettazione passiva della perdita di fette sempre più grandi di democrazia. Oggi tutti noi, come popolo, abbiamo il dovere di far sentire la nostra voce, di tornare a decidere per noi stessi, perchè un popolo sovrano e informato farà sempre le scelte giuste per la collettività. Non c'è più tempo da perdere, dobbiamo lottare "per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine", oggi come 69 anni fa, è il momento di riprenderci la dignità, la giustizia, la libertà. Dipende da noi.

Unione Bancaria: dopo l'euro ecco la nuova trappola


Il 14 aprile il Parlamento Europeo, nella sua ultima seduta plenaria prima delle europee di maggio, ha approvato definitivamente il pacchetto di norme che completano l'Unione Bancaria europea. I nostri mezzi di informazione ufficiali, ovviamente, hanno preferito concentrarsi su altri argomeni, ma se lo stesso Presidente UE Van Rompuy definisce l'Unione Bancaria "il passo più grande dopo l'euro" allora sarà meglio approfondire, perchè c'è poco da star tranquilli.

Per chi si fida incondizionatamente dell'Unione Europea e crede che a Bruxelles siano tutti biondi con gli occhi azzurri, dotati di un'aureola a forma di moneta unica e di grandi ali bianche con le quali hanno deciso di venire a salvarci, consigliamo vivamente la lettura di questo articolo del Fatto Quotidiano. Come si dice: fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, specie se di mezzo ci sono 15000 lobbisti liberi da ogni vincolo o regola. 

Allora andiamo brevemente a vedere in cosa consiste questa neonata Unione Bancaria europea. Sostanzialmente i punti cardine della riforma sono 2: primo, un insieme di regole comuni per tutte le banche e un sistema unico di vigilanza affidato alla BCE; secondo, un meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie guidato da un'autorità unica europea in grado di attingere ad un Fondo unico di liquidazione di 55 miliardi di euro finanziato dalle banche stesse.

A questi 2 si sarebbe dovuto aggiungere un terzo pilastro che originariamente riguardava un'assicurazione a livello europeo dei depositi, ma quest'idea non è andata avanti e alla fine si è optato per uno schema di protezione dei depositi garantiti (fino a 100.000€) la cui istituzione sarà affidata ai singoli Paesi. Ma guarda un po', ancora una volta quando c'è da fissare vincoli e regole rigide l'UE si dimostra efficientissima, mentre quando c'è da garantire una qualsivoglia tutela in favore dei cittadini si inceppa tutto.

In sostanza la BCE vigilerà direttamente su tutti quei gruppi bancari con dimensioni tali da poter influire sulla stabilità del sistema finanziario e lo farà a partire già da questo novembre. Qualora poi una banca si vedesse obbligata a chiedere aiuto per evitare il default entrerebbe in azione il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, ma questo solo a partire dal 2016. Secondo le nuove norme toccherà prima agli investitori privati (azionisti e obbligazionisti della banca) contribuire all'8% del debito e, in secondo luogo, se il contributo di questi soggetti non basterà per raggiungere tale soglia, verranno aggrediti i conti correnti per importi superiori a 100.000€. Se l'intervento dei privati non dovesse bastare a scongiurare il fallimento della banca in questione, allora si ricorrerebbe al Fondo unico di liquidazione, che potrà coprire fino al 5% delle perdite. Oltre tale misura, entreranno in campo anche i fondi pubblici nazionali. 

Una prima e inquietante rilevazione che si deve fare circa l'Unione Bancaria europea è piuttosto intuitiva e riguarda il periodo che va da questo novembre a gennaio 2016, ovvero quel periodo in cui la vigilanza della BCE sarà già attiva e il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie sarà ancora in attesa di attivazione. In questo lasso di tempo infatti le banche in difficoltà potranno chiudere, essere ricapitalizzate o essere vendute all'estero. Ma se dall'ingresso nell'euro in poi l'Europa si è divisa in un nord creditore e in un sud debitore, allora non è difficile immaginare cosa accadrà. Semplicemente le banche del sud meno solide verranno fatte fallire o verranno acquistate a prezzi stracciati da quelle del nord Europa, mentre le banche del nord non rischieranno mai la chiusura e anzi avranno la possibilità di appropriarsi di enormi quantità di risparmio estero andando ad incrementare ulteriormente quello squilibrio finanziario tra nord e sud Europa. In poche parole, la Germania potrà permettersi di salvare le proprie banche, l'Italia no (come ci spiega questo articolo del Sole24Ore).

Altri aspetti problematici emergono poi dall'analisi del meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie. Innanzitutto facciamo notare come questo comporti, ancora una volta, la perdita di una fetta importantissima delle sovranità nazionali in quanto i Paesi UE non potranno più decidere autonomamente, per tutelare l'interesse pubblico, quali banche salvare, come e con quali soldi,  ma dovranno seguire quanto dettato dall'autorità comunitaria appositamente istituita. In secondo luogo non è assolutamente vero, come sostengono i massimi vertici dell'UE, che l'Unione Bancaria europea rappresenta l'unico mezzo disponibile per evitare agli Stati, e quindi ai contribuenti, l'onere di intervenire per risanare le banche private in difficoltà. Questo è semplicemente falso. Come detto prima infatti, l'intervento di azionisti e obbligazionisti (e in caso di necessità dei depositanti con conti correnti oltre i 100.000€) è limitato all'8% dell'ammontare dei debiti della banca interessata e il Fondo unico di liquidazione di 55 miliardi, che in ogni caso sarà disponibile solo tra 10 anni, potrà intervenire per appena il 5% del debito stesso. Per la quota restante dei debiti sarà l'UE, per mezzo dei suoi tecnocrati eletti da nessuno, a decidere se la singola banca dovrà essere lasciata fallire, se dovrà essere venduta a un altro grande gruppo bancario o se lo Stato interessato dovrà intervenire con risorse pubbliche. Tra queste nessuna opzione sarebbe indolore, ma particolarmente traumatica sarebbe la terza, proprio per quei contribuenti che l'UE dice di voler tutelare. Il fondo da cui si andrà a pescare per salvare le banche infatti è l'ormai noto Meccanismo Europeo di Stabilità o MES, in cui l'Italia deve versare uno quota di 125 miliardi di euro (incrementando ulteriormente il debito ed i relativi interessi) e che obbliga qualsiasi Paese vi faccia ricorso ad assoggettarsi alle solite politiche di austerity, di svendita e di privatizzazione tanto care alla TROIKA. Un autentico suicidio.

In sostanza con queste nuove regole in caso di crisi bancaria pagheranno, in prima battuta, gli investitori e correntisti privati per l'8% dei debiti, e in seconda battuta, per la restante e più sostanziosa parte del debito, gli Stati potranno addirittura essere obbligati ad intervenire dall'UE (facendo ricorso al MES e quindi piegandosi alle micidiali politiche della TROIKA).

Come era stato per l'euro, anche per l'Unione Bancaria europea si tratta di una trappola preparata ad arte dai Paesi del nord Europa, in primis la Germania, per imporre le proprie ricette economiche ai Paesi del sud e per continuare a spolparne l'economia. Nel caso dell'euro ci avevano incantati dicendoci che con la stessa moneta avremmo potuto comprare un caffè sia a Roma che a Parigi, nel caso dell'Unione Bancaria cercano di incantarci con una vera e propria menzogna: che i contribuenti non dovranno più pagare per salvare le banche. Vogliamo davvero continuare a farci prendere in giro?

Il sistema bancario ha un'importanza fondamentale per l'economia di qualsiasi Paese, svolgendo una funzione sociale di interesse pubblico. Di questo l'umanità se n'era accorta già dopo la crisi del '29, che è stata del tutto simile a quella del 2008, in seguito alla quale si iniziò a pensare alle banche come enti pubblici o comunque come soggetti da sottoporre ad uno stretto controllo da parte del governo. E sapete quale fu la prima misura che i governi presero all'epoca per far fronte alla crisi ed evitarne la ripetizione in futuro? Separarono le banche commerciali dalle banche d'affari: in pratica si proibì alle banche commerciali (quelle che si occupano di raccolta del risparmio e concessione di credito) di sottoscrivere, detenere, vendere o comprare titoli emessi da imprese private, in quanto ci si accorse che era stato proprio il conflitto di interessi che ne derivava a causare quella terribile crisi.

Ma se ora, a distanza di oltre 80 anni, ci ritroviamo a subire le conseguenze di una crisi finanziaria del tutto simile a quella del '29 vuole forse dire che le misure adottato all'epoca non sono state sufficienti a risolvere il problema? No, non è così. A partire dagli anni '90 abbiamo assistito ad un'inversione di tendenza clamorosa rispetto alle idee post '29. La liberalizzazione del credito non solo ha permesso alle banche di operare contemporaneamente sia come banche commerciali che come banche d'affari, ma gli ha addirittura permesso di immettersi nel mercato assicurativo. Inoltre, da enti pubblici, le banche sono ora classificate come "imprese private" con scopo di lucro. Il risultato di tutto ciò lo viviamo sulla nostra pelle da ormai oltre 6 anni, da quando le banche provocarono una crisi finanziaria globale senza precedenti, nonostante politicanti e tecnocrati di turno continuino a prometterci che la ripresa è vicina.

Quella che ci propone l'UE è una finta soluzione, solo di facciata, che nasconde una vera e propria trappola ai nostri danni, ma d'altronde è l'intero progetto di Unione Europea a rappresentare una soluzione finta, assolutamente antidemocratica e terribilmente distruttiva.

Dobbiamo riappropriarci del sistema bancario prima che sia troppo tardi, perchè da questo dipende la qualità della nostra vita e il futuro di questo Paese. Ma per fare ciò dobbiamo prima riacquistare la sovranità monetaria e riprendere il controllo sulla Banca d'Italia, che deve essere di proprietà di tutti i cittadini italiani, e solo poi potremo regolamentare il sistema bancario senza l'influenza di lobbies e istituzioni sovranazionali antidemocratiche.

Il voto del 25 maggio sarà fondamentale, probabilmente l'ultima possibilità per riconquistare una vera democrazia e le sovranità perdute in modo pacifico. Facciamo la scelta giusta.

martedì 22 aprile 2014

Verità chock dalla Banca d'Inghilterra!

Avete presente tutte le politiche di austerity che ci sono state imposte negli ultimi anni, i vincoli comunitari sul debito pubblico e sul pareggio di bilancio che anche il governo Renzi dichiara di voler rispettare e praticamente tutto quello che credete di sapere sul sistema monetario europeo e mondiale?  Bene, dovete sapere che è tutto falso

A dirlo è la Banca d'Inghilterra, attraverso la pubblicazione di un documento denominato "Money Creation in the Modern Economy" di cui ha parlato il The Guardian in un articolo del 18 marzo (qui trovate la traduzione e qui trovate l'articolo originale). 


Siamo abituati a pensare che la moneta in circolazione sia di una quantità finita e predeterminata dalle varie banche centrali, ma in realtà non è così. Ogni nuovo prestito, da qualsiasi banca sia erogato, consiste in una creazione di denaro dal nulla per la quale non vi è alcun limite o controllo a livello quantitativo. Se mi reco in banca per chiedere un mutuo con il quale acquistare un appartamento, i soldi che riceverò in prestito non provengono dai risparmi di un pensionato parsimonioso, ma vengono semplicemente creati dal nulla. 

Da questo assunto deriva un rafforzamente di tutte quelle teorie che continuano ad essere denominate "coplottiste", di cui Occupy Wall Street rappresenta probabilmente la più importante sostenitrice, e una clamorosa smentita di quella che è l'ideologia economica dominante attualmente, ovvero il neoliberismo.

Se ogni banca può creare moneta senza limiti, semplicemente concedendo prestiti, è evidente che l'ammontare di moneta in circolazione in un Paese non è determinato dalla Banca Centrale, ma solamente dalla domanda di prestiti, ovvero da quanti soggetti sono disposti ad indebitarsi per ottenere quel denaro. E indovinate qual è il soggetto che più contribuisce alla domanda di prestiti, determinando quindi un'immissione di denaro nuovo, creato dal nulla, nell'economia? Eh si, proprio lui, lo Stato cattivo e spendaccione che siamo stati abituati ad odiare negli ultimi anni. 

Ecco perchè l'austerità non potrà mai portare crescita, così con Monti e così con Renzi. "Pareggio di bilancio" significa che lo Stato deve smettere di indebitarsi, ma se lo Stato smette di indebitarsi non sarà mai possibile creare nuova ricchezza, proprio perchè "mancano i soldi". Dobbiamo capire, una volta per tutti, che l'austerità non dà alcun beneficio al popolo a cui viene imposta, ma serve unicamente a difendere gli interessi della finanza internazionale, che vuole vedersi ripagare i propri crediti con il sudore e il sangue dei cittadini.

Il debito pubblico rappresenta la ricchezza di una nazione, e non il contrario. D'altronde non è un caso che la nostra ricchezza privata sia tra quelle più alte dell'area OCSE, "nonostante" il debito pubblico. Il concetto è intutitivo: immaginate che lo Stato decida di costruire un ospedale. Nell'attuale sistema monetario questo Stato è costretto a ricorrere ai mercati finanziari, dove supponiamo che prenda a prestito 48 milioni di cui dovrà resituirne 50 alla scadenza. In questo modo il settore privato si arricchirà grazie alla spesa pubblica, in quanto quel prestito si trasformerà nei redditi del costruttore e dei suoi dipendenti, che a loro volta li spenderanno trasformandoli nei redditi di commercianti, imprese e quant'altro. E inoltre, dove prima non c'era nulla, ora c'è un ospedale, nuova ricchezza. 

Se per qualche assurdo vincolo, magari comunitario, tale Stato fosse obbligato al pareggio di bilancio, ovviamente dovrebbe recuperare quei 50 milioni per mezzo delle tasse. Quindi, ed ecco la grande assurdità del pareggio di bilancio, ai cittadini non resterà nulla di quella ricchezza. I redditi generati dalla costruzione dell'ospedale saranno sottratti al popolo, con tanto di interessi, e verranno riassorbiti dal sistema bancario tramite le tasse. Ai cittadini non resterà nulla, avranno lavorato per la banca.

E' questa la ragione della crisi che stiamo vivendo: un'austerità finanziaria che impedisce all'unico soggetto realmente in grado di immettere liquidità nell'economia, lo Stato, di spendere a deficit. Da qui la recessione, la chisura di migliaia di aziende e i tassi di disoccupazione a doppia cifra che sperimentiamo da ormai diversi anni.

Solo quando lo Stato tornerà a fare lo Stato, ovvero quando tornerà a proteggere e tutelare unicamente gli interessi dei cittadini di cui è rappresentante, usciremo da questa crsi. Finchè lo Stato continuerà ad essere schiavo di vincoli e regole dettate dall'alta finanza internazionale dovremo sputare sangue per estinguere un debito che non ha alcuna ragione di esistere, un debito che andrebbe ripudiato seduta stante.

lunedì 21 aprile 2014

Orwell aveva previsto tutto: siamo in "1984"

Ogni anno parole ormai ritenute desuete vengono eliminate dai dizionari di lingua italiana, per lasciare il posto a nuove parole, che quest'anno, ad esempio, sono state 1500. Tra le escluse di quest'anno citiamo "pecorismo: servilismo o conformismo ottuso". Non sembrerebbe anche a voi particolarmente attuale? Ma andiamo avanti. Negli ultimi anni le nuove entrate spesso sono termini che derivano direttamente dalla lingua inglese, come nel caso di blitz, brochure, club, leader, marketing, relax, sexy, spam, stage.... E chi più ne ha più ne metta. 

La lingua italiana è in continua evoluzione, insomma. Ma siamo davvero sicuri di conoscere il significato dei termini che utilizziamo? La funzione della parola è quella di veicolare un pensiero. Chi ha letto 1984 ricorderà di certo i problemi che possono essere legati a questa funzione fondamentale. Infatti, se non esiste una parola per esprimere un determinato pensiero, come si potrà trasmettere quell'idea anche ad altri? Ma soprattutto: se molte parole attualmente rivestono correntemente un significato che è lontanissimo da quello che avevano originariamente, quale parola potrà a quel punto esprimere il significato originario? Il problema è che evidentemente se non esiste una parola in grado di esprimere un determinato concetto, quella particolare idea, quel particolare pensiero, verranno spazzati via dalla nostra mente e dall'immaginario collettivo.


George Orwell nel suo capolavoro "1984" era riuscito a chiarire perfettamente questa concezione attraverso la cosiddetta neolingua, una nuova lingua sviluppata dal regime totalitaristico del suo romanzo, che si basava su quella originaria, ma tendeva verso una sua sempre più forte semplificazione, con l'eliminazione di innumerevoli termini e l'aggregazione tra loro di altri. Una volta che la neolingua fosse stata radicata nella popolazione e la vecchia lingua (archelingua) completamente dimenticata, ogni pensiero contrario ai principi del partito unico sarebbe divenuto letteralmente impossibile, almeno per quanto attiene a quelle forme speculative che derivano dalle parole. 

Il concetto è molto chiaro: non si può esprimere un'idea se non esiste una parola a rappresentarla, alla quale viene riconosciuto collettivamente quel determinato significato. Ai giorni nostri tra le parole indiscutibilmente più utilizzate e più importanti certamente non manca questa: "economia". Se doveste attribuirle un significato, quale sarebbe? Cosa è per voi l'economia? Crediamo che nell'immaginario collettivo questa parola sia sempre più rivestita da un'accezione negativa, legata al capitalismo neoliberista, legata alle regole (o alla loro assenza) della finanza internazionale, legata a tutti quei sacrifici che ci vengono imposti dall'alto, legata certamente ai soldi, al mercato, allo Stato "sperperone", alla crisi, alla disoccupazione, al materialismo sfrenato in perfetto stile "The Wolf of Wall Street"... .

Vi riportiamo di seguito il significato originario della parola "economia": dal greco οἴκος (oikos), "casa" inteso anche come "beni di famiglia", e νόμος (nomos), "norma" o "legge" - si intende sia l'utilizzo di risorse scarse (limitate o finite) per soddisfare al meglio bisogni individuali e collettivi organizzando la spesa, sia un sistema di organizzazione delle attività di tale natura poste in essere a tal fine da un insieme di persone, organizzazioni e istituzioni (sistema economico). 

Prima dell'avvento della Rivoluzione industriale, per economia si intendeva la gestione di risorse scarse per soddisfare i bisogni individuali e collettivi. L'economia era considerata anche come l'amministrazione dei beni di Stato. Con la Rivoluzione industriale abbiamo assistito a una sproporzione sempre più netta a favore di uno dei tre soggetti economici principali (le imprese) e ad un progressivo indebolimento degli altri due (famiglie e Stato), fino ai giorni nostri, in cui prevale la legge del più forte, che viene spesso ipocritamente chiamata legge del mercato o neoliberismo

Il significato originario della parola "economia" era legato all'organizzazione efficiente dei beni e servizi di uno Stato, alla giusta redistribuzione della ricchezza reale tra i soggetti individuali, alla ricerca del benessere comune. Secondo questa visione i cittadini dovrebbero essere chiamati a dare al loro Stato un equo contributo per poter usufruire di tutti i vantaggi derivanti dall'organizzazione comune, in termini di tempo, efficienza, efficacia, benessere.

Purtroppo per tutti noi, questa concezione non ha potuto affermarsi concretamente, perchè sulla via del progresso verso la formazione dei moderni Stati civili si è prepotentemente instaurata la visione della "mano invisibile" teorizzata da Adam Smith, secondo la quale nel libero mercato la ricerca egoistica del proprio interesse gioverebbe tendenzialmente all'interesse dell'intera società. Ci sono voluti più di 200 anni per renderci conto di tutte le disgrazie causate da questa idea funesta, che ha portato verso l'egoistica ricerca del massimo profitto fatto spesso sulle spalle degli altri. Basti pensare all'aberrazione consistente nella speculazione finanziaria, ormai considerabile alla stregua del gioco d'azzardo legalizzato, in cui si gioca letteralmente con la vita delle persone senza creare alcuna ricchezza in termini reali, senza dare alcun contributo allo sviluppo della società. 

Solo oggi iniziamo a renderci conto del fallimento della concezione Smithiana, ma purtroppo ormai ci siamo dimenticati del reale significato della parola economia. E finchè non ce ne ricorderemo, come potremo ricostruire un nuovo paradigma? Finchè rimarremo ancorati al falso significato che la parola ha assunto nel corso dei secoli, non avremo i mezzi per ripartire, perchè al massimo potremo lottare contro un paradigma assodato e indiscutibile, dall'interno, come uccellini intrappolati in una stanza buia. Invece dobbiamo trovare la strada per la finestra, dobbiamo uscire, abbandonare totalmente gli errori e le aberrazioni, riscoprendo idee e pensieri dimenticati, dando vita a un nuovo paradigma per poter ricostruire un mondo fondato su veri valori di giustizia, equità, benessere.

Il discorso fatto per la parola "economia" può essere esteso a innumerevoli parole, che oggi come mai vengono utilizzate dalla politica e dai media in primis, snaturandone il significato, per manipolare l'opinione pubblica, attrarre consenso e annichilire in nostro senso critico. Come per "economia", distruggere il significato originario delle parole equivale ad estirpare quelle idee dalla nostra mente, insieme con la possibilità di una loro concreta attuazione.

Arricchiamo il nostro lessico, aggiungiamo parole e concetti, riflettiamo sui significati, per aprire la mente e non rimanere incatenati nel paradigma che ci viene presentato come l'unico possibile. Le idee sono il seme del cambiamento, ma senza parole che le riescano ad esprimere sono semi gettati sul cemento.

sabato 19 aprile 2014

Tutta la verità sulle coperture per gli 80 euro


Il video qui sopra riporta la conferenza stampa tenuta ieri pomeriggio da Matteo Renzi principalmente per spiegare le coperture individuate dal suo Governo per l'ormai celebre bonus di 80 euro promesso a 10 milioni di lavoratori. I primi minuti sono un susseguirsi di battute, risate e slogan. Il proseguo sarebbe ancora più divertente, se non fosse che c'è da piangere. Il decreto che include i "mitici 80 euro mensili", come li definisce Renzi, è illustrato per mezzo di 10 tweet, perchè non c'era stato il tempo di preparare le slides. In pochi mesi dai documenti ufficiali si è passati alle slides, dalle slides si è passati ai tweet, quindi viene da pensare che per il prossimo provvedimento Renzi cercherà di cavarsela con uno starnuto.

Innanzitutto il Presidente del Consiglio tiene a precisare che la scelta di non concedere alcuna agevolazione per gli incapienti, nonostante l'annuncio del Governo dell'8 aprile scorso, è stata dettata dalla necessità di mantenere le promesse originariamente fatte ai cittadini. Quindi se 10 milioni di italiani, quelli tra 8000€ e 26000€ annuali, potranno ricevere gli 80 euro in più in busta paga (chiaramente solo dopo le europee), le partite iva, i disoccupati, chi dichiara redditi inferiori agli 8000€ annuali, e quindi chi più avrebbe bisogno di ricevere un sostegno economico, viene lasciato a bocca asciutta.

Ma non siate "gufi", non sarete così "disfattisti" da pensare che ci sia dietro un calcolo meramente politico, che pizza! Semplicemente, dice Renzi,  "è prevalso in noi l'obbligo di mantenere l'impegno come condizione di credibilità di fronte ai cittadini. Avevamo detto 80 euro? Ebbene, che 80 euro abbiano da essere". D'altronde la coerenza e la credibilità sono i connotati caratterizzanti l'intero governo Renzi, o no? Mmm... in realtà, leggendo questo articolo, la risposta è un secco NO.

Comunque, fatta questa dovuta premessa, Renzi inizia finalmente ad illustrare i suoi tweet, che potete leggere cliccando qui. Da #byebyeautoblu a #ognipromessae'debito gli slogan, come al solito, non mancano. Ma vediamo, nello specifico, dove Renzi dice che troverà i 7 miliardi necessari a finanziare la sua manovra per aggiungere 80 euro nella busta paga di 10 milioni di lavoratori nel 2014.

1,8 miliardi arriveranno dalle banche attraverso l'aumento al 26% della tassazione sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia. Ma questo primo punto, che è tra i più sbandierati, merita di essere analizzato più attentamente. In pratica il governo prima ha regalato alle banche private 7,5 miliardi di euro di soldi pubblici (le riserve della Banca d'Italia non sono di proprietà delle banche private) e poi si vanta di averne recuperato il 26% attraverso le tasse. Innanzitutto sarebbe bastato destinare l'intero ammontare di 7,5 miliardi di euro, piuttosto che versarlo nelle casse di banche private, direttamente ai cittadini e non si sarebbe posto alcun problema di Spending Review, ma non è tutto. L'aspetto più inquietante di questa operazione sta proprio nel rischio di spostare implicitamente la proprietà giuridica delle riserve della Banca d'Italia, che ammontano ad oltre 115 miliardi di euro tra riserva aurea e riserve statutarie, agli istituti di credito privati (ne abbiamo parlato più approfonditamente in questo articolo sul decreto Imu-Bankitalia). Si tratta quindi di un provvedimento ipocrita, ma soprattutto pericoloso.

Ben 2,1 miliardi deriveranno dalla razionalizzazione dagli acquisti di beni e servizi, che obbligherà enti locali, regioni e ministeri ad effettuare tagli "intelligenti" entro 60 giorni pena lo scatto di tagli lineari. A tal riguardo, nonostante Renzi prometta spavaldamente di offrire una pizza a chiunque troverà la parola "sanità" tra i tagli del provvedimento, non può non considerarsi il fatto che in realtà la voce di spesa principale tra quelle relative all'acquisto di beni e servizi da parte di enti locali e regioni è proprio quella del settore sanitario. E poi, riguardo questa voce, non possiamo non parlare del taglio alla spesa per l'acquisto dei tanto criticati F35. Beh, questo è l'emblema della politica renziana, in perenne equilibrio tra il simbolico e la presa per il culo. Per chi non lo sapesse infatti, oltre a non aiutare ai fini delle coperture, 150 milioni sono nulla rispetto al complessivo ammontare destinato all'acquisto di 90 caccia F35. Si tratta di qualcosa come 50 miliardi di euro, circa 7 volte la somma che il governo Renzi sta faticosamente tentando di racimolare con l'intera Spending Review.

1 miliardo di euro proverrà poi dai tagli sugli incentivi alle imprese e sulle agevolazioni fiscali al settore agricolo. Inutile dire che si tratta di misure che certo non renderanno più facile la vita alle imprese italiane, che già sono messe in ginocchio dalla crisi e continuano a chiudere a migliaia ogni giorno.

900 milioni perverrano dalle misure che Renzi ha battezzato della "sobrietà delle spese". Tra queste, i provvedimenti più pubblicizzati dalla stampa sono stati quelli relativi al tetto fissato per gli stipendi dei dirigenti pubblici e il limite massimo di 5 auto blu per ministero. La seconda è totalmente irrilevante ai fini delle coperture e può essere considerata, al massimo, uno spot elettorale. La prima invece merita di essere approfondita perchè nasconde diverse insidie. In primo luogo va precisato che un provvedimento del genere non ha nulla a che fare con la giustizia sociale, in quanto se si fosse voluto realizzare davvero questo obiettivo si sarebbero dovuti colpire sia il pubblico che il privato, e non solo il primo, come abbiamo spiegato più dettagliatamente in questo articolo. Evidentemente invece, considerando che tra l'altro i risparmi saranno esigui anche in questo caso, il vero obiettivo è quello di mettere in ginocchio il pubblico, per poi dire che i privati sono più bravi, efficienti e meritevoli. E' chiaro infatti che i benefici che si otterranno dal risparmio sugli stipendi non compenseranno nemmeno lontanamente i costi derivanti dalla migrazione dei migliori manager pubblici verso il settore privato. Ciò infatti distruggerà quel poco di pubblico che ancora funziona in Italia e servirà un ennesimo assist a chi predica la privatizzazione di tutto ciò che è privatizzabile.

Per il resto si prevede di recuperare 600 milioni dall'aumento del gettito IVA, 300 milioni dalla lotta all'evasione e il restante da altre voci minori. Ma a questo punto non possiamo che ricordare il maxi condono concesso alle multinazionali del gioco d'azzardo, che si sono viste abbuonare un'evasione di ben 98 miliardi di euro. L'equivalente di 14 Spending Review, altro che 80 euro.

Ecco quindi chi finanzierà il voto di scambio tra PD e 10 milioni di lavoratori: la spesa pubblica (anche sanitaria) e quelle imprese che non sono abbastanza potenti da poter ottenere maxi condoni o aiuti di Stato come quelli ottenuti dalle banche tramite la rivalutazione delle quote di Bankitalia. E il tutto sapientemente condito da perfetti provvedimenti spot come la riduzione delle auto blu e i tagli sugli F35.

A tutto ciò si aggiunga che le coperture sono state individuate unicamente per il 2014, quindi nonostante Renzi affermi che non si tratta di un provvedimento una tantum, ne ha tutto l'aspetto. E questo non solo perchè per confermare gli 80 euro anche l'anno prossimo sarà necessario trovare ulteriori coperture per ben 14 miliardi di euro attraverso la legge di Stabilità, ma anche e soprattutto perchè il suo governo ha recentemente ribadito all'UE la propria intenzione di tendere al pareggio di bilancio. Quindi altre risorse da reperire, che vanno poi sommate a quelle necessarie per rispettare il Fiscal Compact, ulteriore trattato europeo che Renzi ha assolutamente intenzione di rispettare (se non sai di cosa si tratta leggi questo articolo!).

E secondo voi, tra il rispettare la promessa fatta agli italiani di rendere strutturale la concessione del bonus ai lavoratori e rispettare le promesse fatte ai pezzi grossi di Bruxelles, quale deciderà di rispettare Renzi? Considerando che non sono previste elezioni politiche dalle europee di maggio fino al 2018 noi un'idea ce l'avremmo.


giovedì 17 aprile 2014

Il colpo di grazia alla sanità pubblica


Questo articolo del Fatto Quotidiano ci dice che ammonteranno a 2,4 miliardi di € i tagli previsti sulla sanità dal governo Renzi per finanziare l'ormai celebre bonus di 1000 euro. Ma i bonus sono concessioni, che come vengono date possono venir negate l'anno dopo, mentre i tagli restano. Soprattutto se si tiene conto che dal 2016 lo stesso Padoan sostiene che riusciremo a centrare il pareggio di bilancio, per non parlare di ciò che comporterà il Fiscal Compact, su cui ogni esponente del governo si rifiuta di darci risposte (se non sai di che si tratta leggi questo articolo!).

Qualcuno diceva che con un pò di zucchero la pillola va giù. E in effetti tutti contenti degli 80 euro promessi da Renzi mentre la pillola dei tagli va giù senza troppi problemi, poco importa se quel dolce sapore di zucchero scomparirà per lasciar posto agli effetti nauseanti e deleteri di un veleno letale.

Mentre la popolazione italiana è sempre più grassa e sempre più vecchia (qui i dati) diminuiscono gli ospedali, i posti letto e la spesa sanitaria in beni e servizi. Ma non è tutto. Eh già, purtroppo i tagli non si limitano a colpire strutture e voci di bilancio. Ormai da molti anni in Italia è in atto una vera e propria negazione del diritto allo studio e alla formazione, e questo in modo particolare proprio per quanto riguarda medici e chirurghi.

Poco importa se varie indagini (tra cui questa del sindacato dei medici dirigenti) lancino allarmi sostenendo che nei prossimi anni mancheranno oltre 15000 medici nel nostro Sistema Sanitario Nazionale. Per il 2014 i posti resi disponibili dal ministero, per la facoltà di medicina, hanno subito un'ulteriore riduzione. E come se non bastesse il test si è tenuto, quest'anno per la prima volta, l'8 aprile, una data impossibile per gli studenti del 5° superiore che nel frattempo devono preparare anche la maturità. A tutto ciò si aggiunga poi la totale assenza di corsi pubblici di preparazione ai test e l'inefficace quanto costosa preparazione offerta dagli enti privati, e il gioco è fatto. Diventare medici, in questo Paese, è un'utopia.


Le proteste delle associazioni studentesche non sono mancate, ma ovviamente dal "palazzo" nessun ripensamento, nè sul numero dei posti, nè sulla data del test. Test che ormai hanno una funzione meramente restrittiva, puntando esclusivamente a espellere gli studenti dai canali formativi, perchè non ci sono abbastanza strutture e i fondi sono sempre meno. Quindi non sono importanti la motivazione degli studenti, le loro conoscenze specifiche o la loro passione. L'unica cosa che conta è che non ce ne siano troppi.

Allora non devono stupire scandali come questi, che mettono a dura prova chiunque abbia la disgrazia di voler intraprendere un percorso formativo per diventare medico, e non deve stupire il fatto che sempre più giovani volenterosi decidono di andare a studiare medicina all'estero. Si tratta di una scelta politica, perchè i vincoli comunitari sono sempre più importanti dei cittadini, sia dei loro sogni che della loro salute.

Per ora stiamo dando per scontato la passione incondizionata che per forza di cose deve guidare quegli oltre 60000 aspiranti medici, che anche quest'anno (comunque in netto calo rispetto all'anno scorso) si sono iscritti ai test di medicina. Ma cosa accadrà quanto questi si saranno stufati di sentirsi considerati un peso economico per la società? Già oggi sempre più giovani abbandonano il sogno di diventare medici per scegliere corsi di laurea come economia, che nella stragrande maggioranza dei casi non è a numero programmato. 

Ma noi che abbiamo alle spalle anni passati sui libri di economia sappiamo benissimo che nessuno vorrebbe vivere in una società di economisti, noi per primi. Soprattutto se poi questa si riduce, come spesso ci insegnano a fare oggi nelle nostre università, a un unico valore fondamentale rispetto al quale anche la vita umana è sacrificabile: il massimo profitto. Valore che ormai, dall'economia, si sta diffondendo in tutti i settori dell'attività umana, compresa la sanità per via della politica e delle case farmaceutiche, sempre più assetate di profitti.

Dobbiamo uscire da questo circolo vizioso, dobbiamo interromperlo. Difendere il diritto alla sanità pubblica e pretendere con forza che essa sia scollegata dalle logiche di mercato è l'unica soluzione, ma è impossibile senza mettere in discussione i vincoli e le politiche europee, che sono diretta emanazione di quelle lobbies che, tra le altre cose, vorrebbero mettere mano su quel che resta del nostro settore sanitario. La ricerca scientifica e le case farmaceutiche devono essere pubbliche, di proprietà dei cittadini. Non possiamo più permettere la corruzione di un settore così nevralgico per la vita di tutti, senza il quale nessun Paese può dirsi civile.

Chi, anno dopo anno, continua a tentare l'assurdo test per accedere ai corsi di medicina, chi decide di parcheggiarsi a farmacia sperando che il seguente sia l'anno buono, chi studia giorno e notte per prepararsi al test nonostante la maturità imminente, sono loro a ricordarci che ancora oggi vi sono dei giovani che non scelgono la strada più facile, che non sono attirati da facili guadagni e da logiche opportunistiche, ma preferiscono spaccarsi la schiena e ingoiare mille rospi pur di inseguire il loro sogno, che altro non è che salvare le nostre vite. Invece di mettergli il bastone tra le ruote, dovremmo prendere esempio dalla loro passione e dallo loro forza di volontà.

Per concludere riportiamo il testo del Giuramento di Ippocrate, quello che viene prestato da medici, chirurghi e odontoiatri prima di iniziare la professione. Quanti mestieri possono vantare gli stessi principi?

"Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:
  • di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;
  • di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
  • di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;
  • di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;
  • di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;
  • di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;
  • di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
  • di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;
  • di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali;
  • di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
  • di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
  • di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;
  • di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;
  • di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
  • di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione."

sabato 12 aprile 2014

Tutte le bugie di Matteo Renzi

In questo articolo abbiamo deciso di provare a concentrare, in poche righe, tutte le incoerenze e incongruenze di Matteo Renzi. Se pensi di conoscerle già tutte, ti assicuriamo che qualcuna ti sarà sfuggita, perchè sono davvero tante. Se non ne sai nulla, a maggior ragione questo articolo potrà esserti molto utile.

Non è certo la prima volta che succede che ascoltiamo, rapiti, le promesse che ci vengono fatte dall'alto, abbandonandoci come in questo caso all'adorazione del bugiardo di turno, concentrandoci sempre e soltanto sull'ultimo slogan e dimenticandoci beatamente di verificare l'attuazione di tutti quelli precedenti. Anzi, a dir la verità, molto spesso ci dimentichiamo addirittura dell'esistenza delle vecchie promesse che tanto ci avevano entusiasmato.

Partiamo da qualche dettaglio su colui che ha fondato molti dei suoi slogan sulla necessità di ridurre drasticamente gli sprechi della politica e della macchina statale. Bene, se ancora lo ignorate, anche e soprattutto a causa del completo silenzio di televisioni e giornali, dovete sapere che Renzi nel 2011 è stato condannato in primo grado per danno erariale quando era Presidente di provincia. In particolare, tra le altre cose, Renzi è stato giudicato colpevole per aver effettuato assunzioni clientelari (per un danno di 2.155.000 euro) e per aver speso circa 600 mila euro di soldi pubblici in cinque anni tra viaggi, ristoranti, regali e ospitalità. Tanto per dirne una: la visita di Renzi negli Stati Uniti nei giorni in cui Obama fu eletto presidente è costata ben 70mila euro. Potete trovare maggiori informazioni in questo articolo.

Ma questo era solo il suo biglietto da visita! Vogliamo ora concentrarci su alcune delle promesse (probabilmente ne mancherà qualcuna, visto che è davvero difficile star dietro a tutti i suoi annunci) fatte dal nostro Presidente del Consiglio nell'ultimo anno e mezzo. 

Un esempio a caso? Semplice! Vi ricordate per cosa è diventato famoso Matteo Renzi e su cosa ha fondato tutta la sua campagna per le primarie? E' passato meno di un anno e mezzo dalle prime primarie, perse, ma molti di noi probabilmente hanno dimenticato che il suo cavallo di battaglia in quell'occasione era la rottamazione, per svecchiare i cosiddetti "dinosauri" e ridare vigore e freschezza alla politica, in primis all'interno dello stesso partito democratico. Bene, come potete facilmente verificare, non è andata esattamente così. Nessuna vecchia cariatide ha perso la poltrona, men che meno D'Alema, contro cui sembrava fondarsi in modo particolare la fantomatica rottamazione. In questi giorni si discute addirittura di candidarlo come commissario europeo, per "cambiare insieme l'Europa". Ben altra cosa dal mandarlo a casa, che dite? Ecco qui una simpatica foto che ritrae i due alla presentazione del nuovo libro di Massimo D'Alema.



Volete altri esempi dell'incoerenza di Renzi? Tranquilli, siamo solo all'inizio! Come dimenticare del suo rapporto bipolare con Silvio Berlusconi? Il 10 dicembre 2012 Renzi twittava spavaldo:



Ma non ci è sembrato poi così freddoloso quando, una volta segretario, ha annunciato in diretta:“Vedrò Berlusconi, nella sede del Pd, sotto il quadro di Che Guevara”, alla vigilia dell'incontro in cui di fatto Renzi, ricevendo il pregiudicato, lo ha riesumato come leader politico, per decidere con lui a porte chiuse la nuova legge elettorale, "in profonda sintonia" (ma Berlusconi non era "Game over"?).

Dei vizi di incostituzionalità dell'Italicum abbiamo già ampiamente discusso  in questo articolo, ora vogliamo concentrarci in particolare sul tema delle preferenze. Sì, perchè prima di diventare segretario Renzi si era autoproclamato paladino delle preferenze, ragion per cui alcuni hanno storto il naso al notare che l'Italicum non prevede le preferenze, ma le solite liste bloccate. Ma poi è caduta nel dimenticatoio anche questa, e tutti a seguire incantati il pifferaio magico verso una nuova avventura!

E' quindi toccato a Enrico Letta fare le spese dell'incoerenza di Renzi, che il 16 gennaio 2014 sosteneva: "Non voglio fare le scarpe a Letta. Anzi, le critiche al governo sono un segnale di affetto." Per non parlare dell'ormai celeberrimo: "#Enrico stai sereno!" del giorno dopo, 17 gennaio.  Bè, sappiamo tutti com'è andata a finire. Renzi non ha aspettato nemmeno un mese per fare le scarpe a Letta, il 13 febbraio 2014, proponendo una mozione di sfiducia ai suoi danni nell'assemblea interna della direzione PD, votata a maggioranza con 136 voti su 160. (Potete trovare qui il testo completo della mozione).

Ma non è da "turboRenzi" rallentare, ed eccoci quindi approdati ad una nuova incoerenza, forse una delle più discusse. Renzi, come ricorderete, è sempre stato un fervido sostenitore delle elezioni e della necessità di un'investitura popolare per essere legittimato a governare. Ma questo solo fino al suo sgambetto a Letta e alla sua nomina a Presidente del Consiglio, senza alcuna legittimazione popolare, sostenendo per di più, fin dall'inizio del suo nuovo incarico, che il suo mandato durerà fino al 2018. Non possiamo che chiederci: in virtù di cosa? Deciso da chi? Sicuramente non bastano meno di 2 milioni di voti a suo favore alle primarie del PD, tra l'altro per eleggerlo come segretario di partito e non come Presidente del Consiglio, su un totale di più di 50 milioni di aventi diritto al voto.

Ma oltre alla dichiarazione: "Mai più un governo di nominati!", totalmente disattesa dato che lui stesso è stato nominato, e non eletto, come Presidente del Consiglio, non dimentichiamoci anche della famosa: "Mai più larghe intese!". Anche questa categorica affermazione non ha tardato a lungo ad essere smentita dai fatti, dato che Renzi ha immolato Letta per governare in un governo di larghe intese con la sua stessa maggioranza, e molti dei suoi stessi ministri, compreso l'alleato Alfano, anche lui non eletto, che sta reggendo i giochi politici solo in virtù di una scissione interna.

Ma è arrivato il momento di entrare nel merito delle nuove promesse di Renzi come Presidente del Consiglio. Basta richiamare alla memoria la tabella di marcia che si era riproposto per capire che già ha tradito le aspettative. Entro febbraio si sarebbe dovuto risolvere il problema della legge elettorale, che invece ad oggi è stata approvata solo alla Camera ed è incostituzionale almeno quanto il Porcellum, per i medesimi motivi (assenza di preferenze e premio di maggioranza spropositato). Marzo sarebbe dovuto essere dedicato al lavoro. A questo punto però, avendo approfondito cosa comporterà il Jobs Act per i lavoratori italiani (leggi assolutamente questo articolo!), speriamo che i tempi si protraggano ulteriormente. Entro aprile poi il governo Renzi avrebbe dovuto rimborsare totalmente i debiti delle pubbliche amministrazioni alle imprese, ma non se ne è più parlato dai primi famosi annunci, e visti gli arretrati già accumulati abbiamo seri dubbi che se ne torni a discutere in tempi brevi.

Non parliamo poi della falsa abolizione delle Province, uno slogan particolarmente utilizzato nelle scorse settimane, salvo poi dover scoprire che questi enti saranno solo "svuotati", e come se non bastasse si aggiungeranno città metropolitane e unioni di comuni. La stessa Corte dei Conti afferma che la riforma in questione comporterà un aumento dei costi invece che una riduzione, anche considerando i 25000 consiglieri comunali in più che ne deriveranno.

Per quanto riguarda l'altrettanto falsa, ma ancora più pericolosa, abolizione del Senato, ne abbiamo parlato in questo post, evidenziando come i costi non si ridurranno di 1 miliardo, come sosteneva Renzi, ma di 80 milioni al massimo, e la nostra democrazia ne uscirà fortemente compromessa. 

Ma ancora non siete sazi di incoeRenzi? Bene, allora parliamo del suo ambiguo rapporto con l'Europa. Il 2 gennaio 2014 Renzi dichiarava: "Il tetto del rapporto deficit/Pil al 3% è evidente che si può sforare: si tratta di un vincolo anacronistico che risale a 20 anni fa”. Ma il 17 marzo, all'incontro con la Merkel, sosteneva: "Noi rispettiamo tutti i limiti che ci siamo dati, a partire dai limiti del Trattato di Maastricht. Quindi l'Italia NON chiede di sforare i limiti di Maastricht. L'Italia NON vuole cambiare le regole, dando il messaggio che le regole sono regole cattive, che vengono da qualcuno fuori da noi. Le regole ce le siamo date noi, insieme, e le regole sono importanti." Tutt'altra cosa, non trovate? 

Come se non bastasse il 19 marzo Renzi sosteneva: "La discussione di queste ore non è sul 3%, per il quale non ci sarà alcuno sforamento: il tema è prendersi lo spazio che noi abbiamo", quindi riservandosi senza dubbio "la possibilità di un innalzamento dal 2,6% ad una soglia più alta", in discontinuità con il governo Letta troppo rigoroso, che non era riuscito a dare aria all'economia. E invece indovinate un po'? Con il DEF che è stato approvato in data 10 aprile 2014 Renzi  si è smentito di nuovo, tanto per cambiare, confermando il tetto del deficit solamente al 2,6% per quest'anno, per poi addirittura ridurlo ulteriormente e progressivamente fino al 2018, tendendo fortemente verso il pareggio di bilancio. Altro che sbattere i pugni sul tavolo, qui si tratta solo di continuare lungo quella strada fatta di tagli, svendite e privatizzazioni selvagge che sta tanto a cuore alla Troika.

Non ci sono dubbi che l'unica cosa coerente di Matteo Renzi sia la sua incoerenza. Sapendo che quando dice una cosa, poi ci si deve aspettare il contrario, per decidere se sostenerlo o meno bisognerebbe allora valutare sempre il contrario di ciò che dice o promette, altrimenti continueremo a farci prendere beatamente in giro, incantati dagli slogan e fermandoci ai titoli di decreti e riforme. Verifichiamo, prima di esultare per l'abolizione delle Province, se il titolo corrisponda a verità o se si tratti di una menzogna bella e buona, come in mille altri casi. Non permettiamo alla solita vecchia casta, che con Renzi ha fatto il lifting, ma è rimasta sempre la stessa, di trattarci come un gregge di pecore disinformate da direzionare a piacimento tramite false promesse mai mantenute.

A nostro parere, i valori più importanti da ricercare in politica (e non solo) oggi sono la credibilità e l'onestà. Non possiamo più permetterci di riporre la nostra fiducia in pifferai magici come Matteo Renzi, non possiamo più farci abbindolare, è ora di svegliarci e riaccendere il cervello!

giovedì 10 aprile 2014

Angeli o bestie?

Tra nefandezze economiche, crimini politici e attentati alla democrazia, qui in Italia si rischia di diventar matti, e a concentrarsi solo sul brutto si finisce per perdere anche l'infinita bellezza che ci circonda. Ecco perchè anche noi, ogni tanto, cerchiamo di staccare la spina, magari con una bella gitarella.

Questo sabato siamo stati a visitare il bellissimo centro storico di Volterra, un piccolo comune in provincia di Pisa, e girovagando tra porte etrusche, rovine romane ed edifici medievali ci siamo imbattuti nel cartello raffigurato nella foto qui sotto:


Il cartello era all'ingresso di un museo, il "Museo della tortura". Inutile dirvi che non siamo riusciti a resistere e che alla fine abbiamo deciso di entrare a visitarlo. All'interno della mostra vi erano i più disparati strumenti di tortura, di cui alcuni tuttora utilizzati, ma tutti accomunati da un "raffinato" ingegno nella ricerca di sistemi che infliggessero le più atroci e crudeli torture possibili.

Terminata la visita siamo usciti in strada sconvolti, ma era proprio questo l'obiettivo della mostra: ricordarci le cose orribili di cui l'uomo è stato capace nell'arco della storia e tenerci vigili affinchè non ricapiti più. D'altronde, come dice la citazione nel cartello in foto, l'essere umano è sia angelo che bestia, e tocca a lui, in un'eterna lotta interiore, scegliere se servire il male oppure il bene. 

A ben rifletterci, in effetti, la storia della civiltà umana non rappresenta altro che una sempre maggior tendenza dell'uomo a scegliere il bene, con qualche piccola battuta d'arresto lungo il cammino. Tuttavia, il male, che sta perdendo la battaglia, non si è ancora arreso. Vive nascosto dietro tutto ciò che è materiale, vive nell'ipocrisia di una società che tollera i crimini più meschini purchè non li veda, vive dietro "lo smalto di mani ben curate", e aspetta solo il momento giusto per prendersi la sua rivincita. 

Partendo da queste premesse allora il compito che ognuno di noi ha sulla Terra non può essere più chiaro: riconoscere il male in tutte le sue forme, anche quelle più celate o apparentemente più innoque, anche nei nostri stessi comportamente quotidiani, e stroncarlo sul nascere. 

Il Paradiso è sulla Terra, e noi siamo gli angeli.

domenica 6 aprile 2014

L'Italia a un bivio: prima di decidere, spegni la tv!



La democrazia rappresentativa ha fallito, è sotto gli occhi di tutti. I rappresentanti sono lontani dai rappresentati sia logisticamente, rinchiusi nei palazzi del potere, che anche e soprattutto mentalmente, attenti come sono a mantenere calda la propria poltrona e a preoccuparsi solo saltuariamente, a mo' di hobby, di questioni care al popolo.

Com'è potuto succedere? Ci sono categorie di persone buone e categorie di persone cattive, pronte a sfruttare e particolarmente inclini a comportamenti opportunistici? Sappiamo benissimo che non è questo il punto, perchè molti di noi hanno sicuramente pensato che, al posto dei cosiddetti onorevoli, quasi sicuramente avrebbero approfittato allo stesso modo di privilegi e benefici, beandosi di uno stile di vita che, dal lato opposto delle barricate, criticano invece strenuamente, sempre in virtù della famosa logica del "mal comune, mezzo gaudio". Se io soffro, tu non puoi stare bene, anche se io al posto tuo farei esattamente lo stesso. Potremmo chiamarla la legge dell'invidia, o la legge della pancia, o in mille altri modi, ma il concetto crediamo sia chiaro.

E allora come fare, qual è il punto? Il punto è che, delegando tutti i poteri decisionali e le scelte da attuare ai rappresentanti, noi rappresentati di fatto ci siamo rilassati, bellamente spaparanzati sul divano a guardare la partita, o il gossip morboso della D'Urso, a seconda. In ben pochi hanno avuto voglia, nel corso degli ultimi decenni, di informarsi autonomamente, di crearsi una propria opinione e soprattutto di avere il coraggio di metterla costantemente in discussione, con spirito critico e ragionevolezza. E' stato molto più semplice affidarsi anima e corpo alla cara vecchia scatoletta, sempre accesa in salotto, in camera da letto, in studio. Lo sforzo richiesto, praticamente nullo: un click sul tasto di accensione. L'unico requisito? Avere tanta, ma tanta fiducia nella scatoletta, nei fiumi di parole e immagini accuratamente e amorevolmente selezionate per noi, che hanno inondato le nostre case e le nostre coscienze, addormentando progressivamente e inesorabilmente il nostro spirito critico.

In questo modo, le distanze già difficilmente colmabili tra rappresentanti e rappresentati sono divenute incolmabili, proprio perchè i rappresentati sono i primi a disinteressarsi del loro stesso futuro. Un rappresentante, in un sistema marcio come questo, fatto di lobby e di tangenti, se vuole uscire dal coro e provare a fare qualcosa per i suoi concittadini, finisce per essere screditato e deriso proprio da loro, che, pigri e disinteressati, bevono indistintamente tutto ciò che la magica scatoletta decide di propinargli, credendola forse un oracolo, la sorgente della verità e l'illuminante soluzione a tutti i loro problemi. Peccato che la scatoletta in questione non sia certo mossa dalla preoccupazione nel bene e nelle buone scelte dei cittadini, come una buona mamma che cerca di indicare loro la retta via. La scatoletta è portavoce degli stessi interessi economici che decidono le sorti del mondo, figurarsi dei governi. E' un potere che va oltre ogni immaginazione, perchè tiene in scacco l'opinione pubblica e la direziona a piacimento.

Un esempio fra i tanti: chiedetevi come e come mai siano riusciti a instillare in ognuno di noi la convinzione che l'adesione all'euro fosse il massimo atto di civiltà possibile, degno di festeggiamenti e celebrazioni, nonostante ci fossero già moltissime, nonchè illustrissime, voci fuori dal coro che prevedevano il terribile fallimento che ne sarebbe derivato. Nobel ed economisti che, chiaramente, non hanno ricevuto alcun credito, ma nemmeno la benchè minima menzione, sulla scatoletta festante.

Ma oggi, grazie ad internet, se utilizzato in maniera intelligente, abbiamo la possibilità di uscire dalla sottomessa pigrizia in cui abbiamo riposato nel corso degli ultimi decenni, in cui il massimo della protesta è consistito nell'astensione dal voto, per repulsione e disillusione. Oggi invece finalmente possiamo approfondire autonomamente le notizie, possiamo investigarne le cause, possiamo capire se chi ci governa dice di aver fatto determinate cose, ma in realtà ci sta solo prendendo in giro, confidando che, come in passato, ci fermeremo al suono dei titoli dei notiziari e dei giornali. Oggi possiamo riacquistare davvero il potere di controllare l'operato dei nostri rappresentanti, fino a diventare rappresentanti di noi stessi, con il potere di proporre, di decidere e con la consapevolezza di essere noi i padroni del nostro Stato, noi i fondatori, noi i pilastri, noi la sua ragione di esistere.

La democrazia rappresentativa ha fallito, e ora siamo di fronte a un bivio. Da una parte possiamo affidarci a chi, in nome della governabilità, considera la democrazia come un ostacolo, e vuole imprimere una svolta autoritaria al Paese grazie in primis, a una legge elettorale più incostituzionale della precedente (ne abbiamo parlato qui), che non permetterà a noi cittadini nemmeno di scegliere i nostri rappresentanti, ma anche grazie all'abolizione del Senato elettivo (su cui abbiamo scritto questo articolo), per snellire il processo legislativo e evitare troppi impacci ai diktat europei e alle imposizioni della lobby di turno. 

Dall'altra parte, possiamo scegliere di essere cittadini attivi e pretendere più democrazia, non meno. Possiamo far sentire la nostra voce di cittadini informati nel merito dei fatti e dei provvedimenti da attuare, responsabilmente possiamo contribuire alla costruzione del nostro futuro.

La scelta forse non è così semplice come sembra, perchè richiede anche un impegno che come cittadini dobbiamo essere pronti ad assumerci. Se non abbiamo voglia di porci domande e dubbi, di informarci, di dire la nostra, di metterci in gioco, di sforzarci attivamente per cambiare le cose, allora possiamo tranquillamente decidere di rimanere spaparanzati sul divano a vedere la partita o la D'Urso, a seconda.

L'unica cosa che ci sentiamo di chiedere a tutti coloro che decideranno, per mancanza di tempo e di voglia, di optare per una ulteriore deresponsabilizzazione di noi cittadini, è di non lamentarsi se le cose continueranno ad andare male, perchè sarà anche e soprattutto colpa loro.

venerdì 4 aprile 2014

In arrivo un cataclisma sociale: il Jobs Act



E' del primo aprile la notizia che la disoccupazione in Italia, secondo i dati Istat, ha raggiunto il tasso più elevato di sempre, attestandosi sul 13%. Purtroppo però non si tratta di un pesce d'aprile, la situazione è davvero drammatica ed è sotto gli occhi di tutti. 

Il Presidente del Consiglio Renzi si è dichiarato sconvolto, ma ha prontamente colto la palla al balzo per tornare a spingere sul Jobs Act, che come saprete prevede l'abolizione dell'articolo 18 per i primi 3 anni di contratto e una deregolamentazione senza precedenti del mercato del lavoro. 

In sostanza la precarietà diverrà regola, dato che per i primi tre anni il datore di lavoro potrà licenziare i lavoratori senza pagare un’indennità, senza dare un minimo di preavviso e senza dover dare neanche una motivazione. Anche il rapporto di apprendistato inoltre subirà delle modifiche, prime tra tutte: l'eliminazione dell'obbligo di formazione e l'eliminazione dell'obbligo di assumere in azienda una quota degli apprendisti al termine del periodo di apprendistato. 

Cosa accadrà dopo l'approvazione di tali misure è facilmente prevedibile. Ovviamente le riforme del Jobs Act attireranno notevoli investimenti sia dalle grandi multinazionali straniere sia da quelle italiane, dato che queste potranno finalmente avere il coltello dalla parte del manico. Le aziende infatti potranno andare a pescare, nell'immenso esercito di disoccupati italiani, quelli che sono disposti ad accettare le condizioni lavorative peggiori, attendendo che anche gli altri inizino ad avere abbastanza "fame". Quando questi ultimi infatti saranno sufficientemente disperati da accettare condizioni ulteriormente peggiori rispetto a quelle accettate dai primi, vi sarà un ricambio lampo, senza penali e senza causali. In poche parole si scatenerà una competizione al ribasso tra i lavoratori, in cui gli unici vincitori saranno i grandi gruppi industriali, che potranno contare su una sterminata fucina di manodopera a basso costo (vi ricordate? Ne abbiamo parlato anche qui).

I lavoratori si troveranno invece a dover accettare salari sempre più bassi, sempre meno protetti da un diritto del lavoro che ormai sta per scomparire. Ogni volta che verranno assunti da un datore di lavoro sapranno che potranno essere licenziati da un momento all'altro, e che comunque il loro rapporto, con buonissime probabilità, non andrà oltre i 3 anni. In una situazione del genere il lavoro assumerà ancora di più, rispetto ad oggi, i connotati di una schiavitù legalizzata. Sparirà qualsiasi nesso tra la prestazione lavorativa ed una qualsiasi crescita personale e professionale del lavoratore, che trovandosi a dover cambiare lavoro di continuo sarà costretto a ricominciare sempre da zero. Allo stesso modo sparirà per lui ogni possibilità di scegliersi il lavoro più adatto alle proprie abilità ed interessi, dovendosi accontentare di quello che capita.

Da quest'ultimo punto di vista inoltre è emblematico quanto previsto dal Jobs Act riguardo l'assegno universale di disoccupazione previsto per tutti quei lavoratori che si ritroveranno licenziati dall'oggi al domani. Non è ancora dato saper l'ammontare dell'assegno, ma ciò che è stato ben chiarito è che esso sarà rigidamente vincolato all'obbligo di seguire un corso di formazione professionale e a quello di non rifiutare più di una proposta di lavoro.

Il secondo divieto si inquadra perfettamente nella logica descritta poco più su, in modo che i lavoratori possano avere sempre meno potere contrattuale rispetto alle grandi multinazionali e siano costretti ad accettare il lavoro che capita per salari sempre più bassi. Ma anche il primo obbligo, se analizzato attentamente, si rivela inquietante. Renzi ha dichiarato infatti di voler riproporre un modello duale, in cui i corsi di formazione avvengono in parte all'interno degli istituti professionali e in parte all'interno delle aziende sotto forma di tirocini. Perciò le imprese più influenti potranno non solo decidere i contenuti formativi più utili per il loro business, ma anche farne sostenere i costi allo Stato (come detto prima, infatti, nei contratti di apprendistato le attività di formazione a carico delle imprese non saranno neppure più obbligatorie). Come se non bastasse inoltre, tramite i tirocini, queste stesse aziende potranno addirittura sfruttare (tutt'al più al costo di un misero rimborso spese) un nuovo bacino di lavoratori con l'acqua alla gola, contribuendo ad accelerare ulteriormente il processo di competizione al ribasso di cui si è già detto. 

Chiaro il quadretto? I nuovi assunti, licenziabili in qualsiasi momento, verranno spremuti fino all'osso dai datori di lavoro fino allo scadere dei 3 anni, quando la maggior parte di loro sarà licenziata e "presa per mano" dallo Stato che, in cambio dell'assegno universale di disoccupazione (alle 2 condizioni appena elencate), li spedirà da altri padroni, che li spremeranno a loro volta, senza alcuna garanzia di una continuità nelle mansioni e nella professione svolta. Si tratta di un circolo vizioso senza fine.

Se poi si considera il dramma della disoccupazione giovanile, che è ormai al 40%, è facile immaginare come queste misure precarizzanti andranno a colpire soprattutto i giovani, con esiti catastrofici. Quando a 20, 30, 40 anni, il tuo futuro ha un orizzonte limitato al massimo ai 3 anni, come puoi pensare di costruirti una vita tua? Come puoi pensare di comprare una casa, di metter su famiglia, di mantenere dei figli, quando l'unica certezza è che per non morire di fame dovrai rinunciare a sogni e speranze? Il Jobs Act di Renzi determinerà, per almeno 3 generazioni di giovani, e per tutte quelle a venire, una vera e propria catastrofe sociale.

Ma purtroppo non c'è nulla di cui scandalizzarsi, è semplicemente la prosecuzione naturale di quel percorso liberista iniziato negli anni '80. Forse qualcuno ora inizierà a rendersi conto che abbattere le regole non è per forza un bene. Quando ogni regola viene soppressa ne resiste comunque una, quella del più forte, e in un sistema economico come quello globalizzato attuale, in cui la stragrande maggioranza della ricchezza è detenuta da pochissimi individui, il risultato sono riforme come il Jobs Act. 

I forti saranno liberi di sfruttare, i deboli saranno liberi di essere sfruttati. E' questa la libertà liberista che ci viene propagandata dai massimi istituti finanziari, dall'Unione Europea e ora anche da Matteo Renzi. Non resta che chiederci: è questa la libertà a cui aspiriamo?