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sabato 18 gennaio 2014

L'ultimo inganno: "Destinazione Italia" e i capitali esteri

Secondo media e politici l'unico modo per risollevarci dalla crisi economica e sconfiggere la disoccupazione consiste nell'attrarre capitali esteri: il famoso "Destinazione Italia". 

Purtroppo però dimenticano di dirci che questi imprenditori non sono animati da un senso di appartenenza al nostro bel Paese. Se decidono di investire in Italia, comprando nostre aziende, lo fanno solamente al fine di trarne profitti. 

Nella maggior parte dei casi di acquisizioni estere di aziende nazionali infatti, gli imprenditori decidono di delocalizzare l'attività in aree dotate di ordinamenti fiscali più favorevoli e diritti dei lavoratori pressochè inesistenti. Alla faccia dei disoccupati, ci verrebbe da dire.

Comunque anche nel caso in cui l'attività resti in Italia, questo non è per forza un bene. In economia gli investimenti diretti esteri rappresentano una voce negativa nella bilancia dei pagamenti, e ciò in quanto consistono in debiti che l'Italia (tutti noi) contrae con i vari capitalisti esteri, e i profitti che questi riportano nei loro Paesi d'origine non rappresentano altro che gli interessi sui debiti contratti. 

Ma ovviamente il debito non è cattivo in quanto tale: bisogna capire perchè lo si contrae. 

Un Paese privo di infrastrutture e di un tessuto produttivo sarà fortemente incentivato a richiamare l'afflusso di capitali esteri, perchè questi saranno molto produttivi e genereranno crescita. Anche se i profitti usciranno dal Paese, tutto il resto (che prima non c'era) rimarrà nell'economia e continuerà a contribuire al suo sviluppo. 

In Italia vi sembra che siamo nella stessa situazione? Noi abbiamo infrastrutture e un invidiabile tessuto produttivo che tutto sommato ancora prova a difendersi. Il malessere che viviamo non deriva da queste mancanze, ma bensì da un'improvvisa perdita di competitività delle nostre aziende causata dall'ingresso nell'euro (come abbiamo detto in questo post).

I nostri grandi marchi stimolavano da tempo l'appetito di capitalisti e industriali internazionali. L'euro gli ha regalato un enorme sconto, facendo crollare i valori azionari delle nostre aziende, ma a quanto pare l'opera non è ancora completa. Prima di fare razzia di tutte le nostre ricchezze (ricordiamo che negli ultimi 4 anni sono già 437 i grandi marchi passato in mani estere, tra cui Lamborghini, Fendi e Algida), i capitalisti esteri vogliono essere sicuri che faremo le famose "riforme strutturali", in primis lo smantellamento dell'articolo 18. In pratica dobbiamo promettergli che quando acquisteranno le nostre imprese, poi potranno licenziare liberamente e contare su una tutela dei diritti dei lavoratori praticamente inesistente (come spiega benissimo questo articolo del Sole24Ore). Allora si che saremo finalmente attraenti ai loro occhi!

Ancora una volta politiche palesemente a favore di determinati interessi capitalistici sono mascherate da "riforme" necessarie e salvifiche. Ma l'unico risultato che si otterrebbe in questo modo sarebbe di cancellare 150 anni di diritti sociali e sprofondare in una situazione di indebitamento e di dipendenza dall'estero ancora maggiore. I lavoratori saranno costretti ad accettare salari sempre più bassi e diventeremo una grande fucina di manodopera a basso costo a disposizione della multinazionale di turno. 

Uscire dall'euro è l'unica soluzione per poter ripartire. 

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